Outcazzari

I (nostri) migliori anni del videogioco: 1982, campioni del mondo!

I (nostri) migliori anni del videogioco: 1982, campioni del mondo!

“Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!”

Sono queste le prime parole che mi vengono in mente quando penso al 1982. Il primo Mondiale vinto dalla nazionale di calcio vissuto da spettatore è uno di quegli eventi che, ancora più del 2006, mi porto nel cuore con un ricordo cristallino: vacanza al mare, TV in bianco e nero, urlante di felicità con la mia famiglia sul balcone della casetta in affitto. Ma qui siamo a parlare di videgiochi e non dell’urlo di Tardelli, quindi torniamo nei ranghi, anche perché il 1982, forse ancora più del 1981, è stato foriero di giochi talmente belli che mi fanno sobbalzare quasi come la vittoria del mondiale.

Partiamo subito a razzo con il gioco di guida che mi ha fatto amare il genere da lì in poi: Pole Position. E me l’ha fatto amare così tanto che ancora oggi mi ostino a inserire quel “Prepare to Qualify” quasi incomprensibile che usciva degli altoparlanti del cabinato come sigletta dei giochi giocati nel Podcast del Tentacolo Viola.

hqdefault.jpg

Pole Position era un gioco difficilissimo, in cui le prime volte già completare il giro di qualifica era un’impresa non da poco. Il titolo Namco ci faceva gareggiare sul Fuji Speedway, e prima si capiva che bisognava sfruttare l’assenza di corsa del volante, prima si riuscivano a macinare giri. Infatti, per poter evitare collisioni con i cartelli a bordo pista e, poi in gara, con gli avversari spesso si era costretti a dare un colpo al volante, in modo che girasse velocissimo a vuoto da solo e in questo modo mantenesse l’auto in pista nelle curve più estreme. Rimaneva comunque un incubo di difficoltà ma tutto sommato qualche “ohhhh” degli astanti era assicurato. Pole Position era uno di quei titoli “pre Out Run” in cui schiantarsi contro un ostacolo qualsiasi significava vedere l’auto esplodere sul circuito (anche se qualche secondo dopo eravamo di nuovo in pista, pronti all'incidente successivo).

Come già il 1981, il 1982 è una camminata tra ricordi bellissimi e ormai cristallizzati nella mia memoria. Uno fra i personaggi più iconici di quell'anno è stato sicuramente Q*Bert, questo “coso” a forma di palla con due gambe e proboscide, che aveva il compito di cambiare colore, saltandoci sopra, a tutte le caselle del livello, una piramide isometrica che faceva tanto Escher. Ovviamente, l'impresa andava portata avanti dribblando mostriciattoli vari, come serpenti spiralizzati o sfere blobbose. Q*Bert, nonostante non abbia moltissime riedizioni negli anni a venire, con sequel o reboot, è rimasto stranamente nel cuore di diversi appassionati, tanto che lo ritroviamo come cameo in blockbuster come Ralph Spaccatutto e Pixels.

Q*Bert non è l’unico gioco arcade che non ha avuto un futuro scintillante ma è rimasto comunque ben piantato nella memoria dei giocatori. Anzi, guardando i titoli usciti nell’1982, è quasi una “maledizione” che ha colpito molto giochi. Prendiamo Zaxxon, sparatutto isometrico rivoluzionario per l’epoca. Quando lo vidi in sala giochi ne rimasi estasiato. Il nostro caccia poteva muoversi su tutti e tre gli assi (sopra sotto, alto basso, sinistra destra) e i nemici erano molti, diversificati e mostruosamente letali. Nel mio cervelletto di fan di Star Wars di nove anni, spesso e volentieri mi sono immaginato che qell’avanzare della navicella fosse una trasposizione della corsa nel canale di Luke Skywalker, anche se ovviamente era tutto completamente diverso (poi, l’anno dopo, avrei messo mano al coin-op di Star Wars e la mia vita non sarebbe stata più la stessa).

Sempre rimanendo nel campo degli shoot’em up, non posso non citare Xevious, anche lui di mamma Namco (probabilmente una tra le software house più attive in quegli anni). Sinceramente non so perché sono così affezionato a Xevious, forse perché ci ho giocato tantissimo nel famoso bar di cui ho parlato l’altra volta, ma è, come Galaga, uno di quei titoli per i quali basta l’incipit della musica che attraversa i livelli (qui, per altro, ridotta veramente all'osso) per farmi venire un nostalgico sorriso sul faccione. Xevious è uno sparatutto a scorrimento verticale, in cui la peculiarità è data dal fatto che abbiamo due tipologie di armi: un fuoco classico per le navette che infestano il cielo e un proiettile bomba che può colpire solo le installazioni a terra. Semplice, a vederlo ora, ma tra lo scrolling fluido, una certa strategia da usare e la solita difficoltà esagerata, quante monetine in quel cabinato.

E poi arriva Harry, Pitfall Harry, o meglio Pitfall! (con punto esclamativo), pietra miliare dei giochi di esplorazione, che ci vede impersonare un avventuriero (diciamo un Indiana Jones a 8 bit) che deve evitare coccodrilli, laghi mortali, appendersi a liane, scampare a enormi scorpioni per riuscire a raccogliere trentadue tesori in venti minuti. Pitffall!, sviluppato da Davide Crane, era ovviamente difficilissimo e negli anni successivi ebbe diversi sequel, arrivando fino ai giorni nostri, con anche la pubblicazione di un titolo per dispositivi iOS.

In realtà non giocai a Pitfall! nel 1982, dato che non avevo l’Atari 2600, ma qualche anno dopo, e non provai proprio l’originale ma una versione da sala giochi del seguito, Pitfall II: The Lost Caverns, sviluppata da SEGA nel 1984, con personaggi molto più colorati e carini. Solo molti anni dopo, grazie all'emulazione, ho potuto provare finalmente l’originale.

Prima del gran finale, non posso non citare Choplifter, della leggendaria Brøderbund (responsabile delle pubblicazione anche di Karateka, Prince of Persia, Myst), che ci metteva al comando di un elicottero di salvataggio. Partendo dalla propria base, bisognava avventurarsi in territorio nemico, atterrare tra i colpi della contraerea e portare a bordo numerosi fuggitivi, per poi riportarli sani e salvi a casa. Choplifter ti faceva sentire responsabile dei passeggeri che stavi scarrozzando tra missili, colpi di carro armato, palme, aerei. Era una corsa contro il tempo per portare a casa più commilitoni possibile e quando ritoccavi il suolo, ecco che era già ora di ripartire per la base più lontana. In un periodo storico nel quale i film di guerra, in particolar modo sul Vietnam, erano all'ordine del giorno, giocare a Choplifter era come vivere le scene d’azione di quelle pellicole, schivando lo schivabile, bombardando i nemici e salvando i prigionieri. Credo di aver consumato il nastro della cassetta per Commodore 64. Altri tempi davvero.

Ma, come dicevo prima, veniamo al gran finale. Non si tratta di un capolavoro o di un gioco che ha avuto mille seguiti, ma si tratta comunque di una leggenda, del titolo che si narra abbia affossato il mercato dei videogiochi nel 1983 e i cui milioni di cartucce invendute sarebbero stati sepolti nel deserto del Nevada. Si tratta di E.T. the Extra-Terrestrial.

Lo sviluppo di E.T. è il classico esempio di come NON si deve portare avanti un progetto. Al tempo, l'amministratore delegato di Warner, visti gli incassi del film di Spielberg, decise che sarebbe stata un'ottima idea lanciare un tie-in. Al di là del mostruoso costo della licenza, pare ben venticinque milioni di dollari (nel 1982), le tempistiche super ristrette obbligarono lo sviluppatore, Howard Scott Warshaw, a terminare il gioco in sole cinque settimane, generando così uno tra i flop più drammatici nella storia del videogioco e dell'intero settore dell'intrattenimento. 

Qualche tempo fa, la leggenda è stata svelata anche grazie al simpatico documentario Atari: Game Over, che narra le vicissitudini della casa (allora) americana e inizia proprio raccontando il disseppellimento delle cartucce di E.T., dimostrando però che, pur essendo state veramente sepolte, non erano certo milioni come si tramandava nei lustri passati. E.T., passato alla storia come il videogioco più brutto di sempre, è una sorta di monito per il settore, un avvertimento che anche nei momenti più floridi, se si guarda solo al profitto, se si sviluppano i giochi in fretta e furia solo per poter uscire alla data stabilita, se non si tiene conto della qualità, un semplice gioco può affossare un intero sistema. O forse è stata solo sfiga, vai a sapere.

Il 1982 riassunto in maniera arbitraria e incompleta: Burger Time, Dig Dug, Donkey Kong jr., Flight Simulator, Joust, Jungle Hunt, Ms. Pac-Man, Pitfall!, Pole Position, Q*bert, Robotron 2084, Time Pilot, Tron, Ultima II, Xevious, Yar's Revenge, Zaxxon.

Questo articolo fa parte della Cover Story "I (nostri) migliori anni del videogioco", che trovate riepilogata a questo indirizzo.

Tesla vs. Lovecraft: No niente, è già abbastanza assurdo così

Tesla vs. Lovecraft: No niente, è già abbastanza assurdo così

Downsizing - Vivere alla grande e mandare comunque tutto in vacca

Downsizing - Vivere alla grande e mandare comunque tutto in vacca