Thimbleweeed Park, i modem 56k, lo SCUMM, iMUSE e l'osso della gamba
Ho scoperto molto in ritardo le avventure grafiche. Facevo la prima o la seconda superiore e mi passarono tra le mani un Twilight CD. Un disco, parte di una collana nella quale una squadra di pirati olandesi stipava regolarmente un mare di giochi, privandoli dei filmati di intermezzo, delle introduzioni e di tutto ciò che occupava spazio. Un po' come buttare della salsa di pomodoro su una tela di Picasso; valli a capire, 'sti adolescenti, che giocano tanto per giocare e non per apprezzare le opere nel loro complesso.
Internet non era ancora alla base di ogni attività umana del primo mondo e l'Internet of Things non era neanche stato concepito come concetto. Dalle nostre parti, l'unico modo per collegarsi alla rete era tramite il floppy disk di VideoOnLine, che ti regalava un mese di connessione gratuita con annessa chiamata interurbana (dopo un mese di connessioni, ovviamente, mio padre mi sequestrò il modem 28.8k, quindi l'abbonamento annuale avrei continuato a sognarlo per diverso tempo), ragion per cui l'accesso ai videogiochi, per degli adolescenti squattrinati, era ristretto ai Twilight CD, ai giochi raramente concessi in prestito e ai rari regali di compleanno e Natale.
Il caso volle che, il giorno in cui venni in possesso di quel Twilight CD, un paio di amici si trovassero a casa insieme a me. E mentre scorrevo la enorme quantità di giochi illegali presenti in quel disco, mi installarono Monkey Island 2, che io avevo bellamente saltato, non ispirato da quel titolo, l'isola delle scimmie, che roba inutile potrà mai essere?
Fu amore a prima vista. La scena di Guybrush ed Elaine nel crepaccio, attaccati alle corde che dondolano, mi aprì un mondo. Adorai tutto di quel gioco. Il similgrog, la bambola voodoo, la gara degli sputi. L'apoteosi fu la scena del sogno coi genitori che si trasformano in scheletri cantando. Uno fra gli enigmi più belli della storia videoludica. Agevolo contributo video e scommetto un paio di birre che la canterete insieme ai due scheletri senza poter resistere.
Gamefaqs e affini non erano ancora diffusi, i trucchi e le soluzioni si trovavano sulle riviste cartacee o tramite passaparola. Fu così che, in un periodo di circa sei mesi, riuscii a terminare da solo quel gioco, pur bloccandomi completamente all'enigma con la scimmia da usare come manovella (spoiler.) Solo per caso, mentre giocavo con uno dei due summenzionati compagni di pirateria, cominciammo a provare a usare TUTTO con TUTTO, fino a trovare casualmente la soluzione.
Fine della prima parte. Inizio della seconda parte.
Chiuso il capitolo Monkey Island 2, restai senza avventure grafiche Lucas per qualche anno, sebbene avessi notato che un amico aveva Day of the Tentacle, ma non voleva prestarmelo neanche per tutto l'oro del mondo. Di giocare al primo capitolo della saga non se ne parlava, perché introvabile. Sentii un giorno parlare di Indiana Jones and the Last Crusade (con tanto di crack) ma non lo misi in connessione con Monkey Island. Riuscii invece, qualche tempo dopo, ad ottenere in prestito i CD originali di The Curse of Monkey Island, giocandomelo con gusto ma senza arrivare ai picchi di godimento e piacere fornitimi dal suo predecessore. Nel frattempo, Internet continuava ad espandersi e passai da un 28.8 a un 56k. Giocai finalmente ad entrambi i titoli con protagonista Indiana Jones, continuando bellamente a ignorare l'esistenza di Maniac Mansion, Zak McKracken e tutto il loro meraviglioso circoletto.
Fine della seconda parte.
Un giorno della seconda metà dell'anno 2000, il grigio modem 56k US Robotics con firmware aggiornato per supportare il V92 fu finalmente messo in pensione, sostituito da un blu fiammante Zyxel Prestige 630 e da una meravigliosa connessione Tiscali a 640 kilobit. Dopo pochi mesi, fu lanciato il motore di emulazione ScummVM e da quel momento recuperai tutti i giochi. Sam & Max, Full Throttle, The Dig, Day of the Tentacle, Beneath a Steel Sky... gli anni 2000, per uno studente universitario sempre rigorosamente squattrinato, erano una MANNA DAL CIELO. Adesso, per fortuna, ci sono i saldi steam, quindi anche con dieci euro si può acquistare una mezza dozzina di titoli e rimanere con la coscienza a posto.
Fine della terza parte. Arriviamo ai giorni nostri.
Su Kickstarter appare una nuova raccolta fondi per un videogame. Thimbleweed Park. Ron Gilbert, del quale, non lo nego, avevo perso le tracce da parecchi anni - salvo una fugace apparizione come director di The Cave - annuncia di voler realizzare un gioco ispirato alle sue storiche avventure grafiche.
Come rinunciare alla possibilità di essere nei riconoscimenti del gioco? Di poter inserire un file audio con la mia voce sotto forma di segreteria telefonica? Un paio di pagine di un libro fittizio presente in una particolare stanza del gioco con persino il titolo del tomo a mia scelta? E invece niente. Non lo finanzio, sebbene su Kickstarter avessi donato ben più di uno stipendio anche a progetti di dubbia qualità, tutto perché non ho mai giocato a Maniac Mansion e il gioco non mi attira abbastanza. Avrei potuto persino espiare i miei peccati da pirata degli anni Novanta selezionando l'apposito tier di ricompense previsto da Ron!
Il giorno dopo la scadenza del funding, ovviamente, ho cominciato a pentirmene e a mangiarmi le mani. Nel frattempo, Kenobit intesseva relazioni, come partite di calcetto di polettiana memoria, con Ron Gilbert, riuscendo ad ottenere l'agognato - e arduo - compito di adattare Thimbleweed Park in italiano.
La creazione del gioco, narrata con squisiti dettagli e approfondimenti da Gilbert stesso sul blog di sviluppo, vale quasi da sola l'acquisto del gioco; il quale, una volta uscito, mi ha immediatamente catapultato nella stessa, meravigliosa e onirica atmosfera degli anni Novanta (anche se la modalità difficile corrisponde, a mio dire, alla modalità facile di Monkey Island 2, in quanto a difficoltà degli enigmi. Ma il mio è probabilmente un bias cognitivo dovuto all'esperienza accumulata negli anni giocando a tante, tante avventure grafiche).
L'ho finito dopo una meravigliosa full immersion di due giorni, 24 e 25 giugno 2017, un intero weekend passato su Thimbleweed Park, ben conscio che sarebbe finito, che ne avrei voluto ancora, e che difficilmente Ron Gilbert avrebbe creato un'altra avventura grafica come questa.
Fin troppe parole sono state scritte su questa meraviglia, in particolar modo qui su Outcast, trasudando amore, sudore e pixel da ogni poro. Non lasciatevelo scappare, lo trovate in saldo su Steam, ma a ben vedere, la morte sua è su Nintendo Switch.
Buon divertimento a tutti, buon 1988 da tutti gli abitanti di Thimbleweed Park!
Questo articolo fa parte della Cover Story "I (nostri) migliori anni del videogioco", che trovate riepilogata a questo indirizzo.