Racconti dall'ospizio #146: Credevo che B.C.'s Quest for Tires fosse l’ospizio di qualcun altro, invece era il mio
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Quando ho deciso di lanciarmi in questa piccola indagine archeologica dedicata a B.C.'s Quest for Tires, del gioco in questione mi erano rimasti attaccati giusto un paio di ricordi. Inoltre, ero praticamente sicuro di averne solo letto in giro, ma di non averlo mai sfiorato col joystick.
Distribuito nel lontano 1983, B.C.'s Quest for Tires è tratto dalla striscia B.C. (il rimando è a “Before Christ”), disegnata dall’autore statunitense Johnny Hart a partire dal 1958. Il fumetto si concentra sulle storie di un gruppo di cavernicoli che, attraverso un gioco di paradossi, vengono esposti alle nevrosi e alle abitudini dell’uomo contemporaneo. Questa trovata finisce col renderli più simili ai ragazzini di Charles M. Schulz (autore con cui Hart condivide pure l’espediente comico della variazione sul tema), che ai protagonisti de Gli antenati di Hanna e Barbera. Se da una parte, infatti, i Flintstone vivono in una rielaborazione antidiluviana dell’America degli anni Cinquanta e Sessanta, i cavernicoli di Hart sono praticamente fermi alla ruota. Nell’economia del fumetto, tanto per dire, la società delle formiche è molto più evoluta di quella umana.
Tra i personaggi principali e ricorrenti, oltre all’eponimo B.C., campeggiano: Thor, il protagonista del videogioco di Sierra; il selvaggio Grog, preistorico tra i preistorici sopravvissuto a un’ibernazione; il poeta Wiley; lo scienziato Clumsy Carp; Zot l'Onnipotente; il Guru dell'eccelso picco; la sensuale Biondina; La cicciona, femminista convinta. I ruoli, soprattutto quelli femminili, appaiono piuttosto stereotipati, ma erano davvero altri tempi (in tutti i sensi).
Durante gli anni Sessanta, le strisce di B.C. raggiunsero anche l’Italia attraverso le pagine della rivista Urania, e poco dopo vennero raccolte in volumi da Arnoldo Mondadori Editore. Di mio, credo di essere entrato in contatto con l’opera di Hart proprio attraverso le raccolte che sfogliavo a casa di uno zio amante dei fumetti, accatastate a fianco dei vari Skorpio e Lanciostory. Tuttavia, anche in questo caso i ricordi si fanno piuttosto vaghi, persi come sono tra i fumi caramellati dell’infanzia.
Venendo finalmente al gioco, B.C.'s Quest for Tires è stato sviluppato da Sydney Development (il design è opera di Rick Banks e Michael Bate, con Chuck Benton ai ferri) e pubblicato da Sierra On-Line per Commodore 64, Atari, Apple II, ColecoVision, MS-DOS, MSX e ZX Spectrum. La versione più famosa resta probabilmente quella per il computer Commodore, la stessa che mi sono messo in mente di recuperare attraverso l’emulazione.
E quando mai.
Ora, come ho già detto a più riprese, non sono un retrogamer sfessato e nemmeno un grande smanettone - perlomeno rispetto alla gente dell’internet, ché nel mio piccolo mondo antico i parenti mi chiamano ancora per sistemare computer e smartphone. In genere, tendo a sfruttare gli emulatori più sdoganati dei sistemi arcade o delle varie console, e in tanti anni non ho mai sentito il bisogno di recuperare roba Amiga o quella per il Commodore 64. Oh, lapidatemi.
Come se non bastasse, sono un utente Apple e ne pago le conseguenze. Nel dettaglio di questo racconto, vi basti sapere che di tutte le combinazioni possibili tra i vari Mac e relative versioni di macOS, quella in mio possesso si è rivelata la peggiore possibile per far girare gli emulatori del Commodore C64. Inoltre, tra tutte le ROM supportate, quelle di B.C.'s Quest for Tires sono state particolarmente stronze, considerato che una volta apparecchiata la tavola, non mi è riuscito di far girare la versione su cartuccia e nemmeno quella su disco, ma solo una variante di quella su cassetta (pirata, presumo, ché durante i vari tentativi mi sono imbattuto persino in sistemi anti-pirateria a coppie di coordinate) con relative lungaggini, righe di caricamento che non vedevo da anni, cazzi e mazzi.
Oh, però alla fine, nella mia niubbaggine, ci sono riuscito. Volete sapere se ne è valsa la pena, o se se l’attesa di B.C.'s Quest for Tires sia stata essa stessa B.C.'s Quest for Tires?
Beh, quello che mi sono trovato davanti è stato un software sì molto datato, ma interessante agli occhi dell’esploratore occasionale per tutta una serie di motivi. Il giocatore, come accennato poco sopra, veste i (pochi) panni di Thor, che a bordo del suo impossibile monociclo è chiamato salvare la sua bella rapita da un dinosauro. La formula è quella di un platform a scorrimento orizzontale e costante, nel quale si può solo accelerare o decelerare, cercando di evitare ostacoli per arrivare incolumi alla fine del livello. Oddio, possibilmente accelerando, visto che la velocità va di pari passo col punteggio. Terminata una run dalla durata di qualche minuto, si riparte con un livello di difficoltà più alto, e via così fino al cap, che non ho idea di quando arrivi.
Per fare un paragone con un gioco che sento più vicino, la meccanica di B.C.'s Quest for Tires ricorda molto i segmenti in skate di Wonder Boy, per quanto meno cremosa e flessibile. In effetti, le affinità col platform sviluppato qualche anno dopo da Ryuichi Nishizawa, Michishito Ishizuka e Hiromi Kurihara non si fermano solo al design, ma tangono anche i colori, le forme e il taglio di alcuni ambienti come le grotte, al punto che è possibile azzardare l’ipotesi di un nesso.
Detto questo, se volete sapere la mia, il gioco di Sydney Development è invecchiato molto peggio rispetto al suo cuginetto giapponese (OK, grazie al cazzo). Ciononostante, persino una capra come me è riuscita ad afferrare l’importanza di certi spunti, e a gustarsi le similitudini/variazioni rispetto ad altri giochi dell’epoca. Inoltre, oh, contestualmente, la grafica di B.C.'s Quest for Tires mi è parsa notevole, con degli sprite belli grossi, leggibili e aderenti all’estetica del fumetto di Hart; mentre sulla rivisitazione in chiave CID della “Marcia nuziale Shakespeareiana” di Felix Mendelssohn, mi è partita la mezza madeline. Ora, non posso esserne sicuro al cento per cento, ma al novantanove, sì: a B.C.'s Quest for Tires ci avevo già giocato da bambino, e proprio a casa dello stesso zio amante dei fumetti di cui sopra. Ci scommetterei una palla.
Concludo segnalando che B.C.'s Quest for Tires, nel 1984, ha avuto un sequel, B.C. II: Grog's Revenge, sempre sviluppato da Sydney Development per Sierra On-Line. Tuttavia, decisamente più curioso è stato il seguito della vita di Johnny Hart. Il disegnatore, verso la fine degli anni Settanta, dietro convinzione di due antennisti (!), decise di unirsi alla congregazione della chiesa presbiteriana evangelica della cittadina di Nineveh. Quella svolta religiosa e un po’ fondamentalista finì con l’influenzare le tematiche delle sue vignette, procurandogli qualche grana con le testate. Sempre da Wikipedia, leggo che il Los Angeles Times, da un certo punto in avanti, iniziò a confinare i lavori di Hart nella sezione dedicata ai temi religiosi. Pensa te.
P.S.
Non posso fare a meno di segnalare che parte delle robe che ho scritto qua dentro le ha osservate – prima e molto meglio di me – Babich, nel corso di un video dicembrino dedicato proprio a B.C.'s Quest for Tires.
Questo articolo fa parte della Cover Story “Jurassic Outcast”, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.