Il ritorno della tortura medievale di Dragon's Lair - The Legend
Nel mondo delle riedizioni videoludiche ci sono grandi classici che meritano di essere riportati alla luce, e poi c’è Dragon’s Lair: The Legend per Game Boy. Un gioco che, a suo tempo, non ha scaldato molti animi, eppure oggi torna in formato fisico anche solo per ricordarci quanto fossero spietati i platform degli anni ‘90.
Per comprendere meglio il gioco in questione vale la pena fare un passo indietro. Dragon's Lair, creato da Don Bluth e pubblicato in sala giochi nel 1983, fu una vera rivoluzione: un gioco con animazioni cinematografiche realizzate a mano che sembravano uscite da un film animato cinematografico dell’epoca. Il cabinato arcade, basato sostanzialmente su un lettore LaserDisc, offriva un'esperienza visiva senza precedenti che fece sfacelo in sala giochi, anche se il gameplay si riduceva essenzialmente a premere il tasto giusto al momento giusto.
La versione Amiga/Atari ST era un mezzo miracolo.
Dato il suo micidiale successo, negli anni successivi Dragon’s Lair venne convertito su praticamente qualsiasi piattaforma esistente, con risultati spesso discutibili. Le miracolose versioni Amiga e Atari ST, ad esempio, cercarono di mantenere l’aspetto cinematografico del gioco ma dovettero semplificare drasticamente le animazioni, trasformandolo in un’esperienza frammentata e lenta. Su NES e SNES, divenne un platform punitivo che poco aveva a che fare con l’originale. Dragon’s Lair: The Legend per Game Boy segue questa stessa strada, trasformando il titolo in un classico platform 2D con elementi action e puzzle. Che poi manco con troppo impegno a dire il vero visto che questo Dragon’s Lair: The Legend è sostanzialmente un porting rebrandizzato di Roller Coaster che anni prima Elite aveva fatto uscire per ZX Spectrum. Non un ottimo inizio.
Quanto lusso per un gioco del genere!
La versione Game Boy, oggetto di questa riedizione, costituisce forse il tentativo più audace, a ben pensarci: trasformare un'esperienza visiva rivoluzionaria in un gioco per una console portatile con schermo monocromatico. Devo ammettere che la pixel art degli sfondi è ottima e molto suggestiva, riproponendo in un simpatico potpourri alcune delle situazioni e degli ambienti del gioco originale. Tuttavia i controlli non sono dei più fluidi, si muore continuamente per un nonnulla, la difficoltà è devastante e l’intero gioco si riduce a una collectathon (diremmo oggi) di cubetti sparsi in giro per la mappa. Nel complesso il gameplay richiama i platform dei primi home computer; dalle parti di Monty on the Run, per capirci. E infatti il Roller Coaster di cui sopra era proprio una roba del genere. I
l level design rimane ostile e il fascino del gioco dipende interamente dalla vostra tolleranza per le sfide punitive, cosa che gli stessi nuovi publisher di Incube8 (che mi hanno fornito la ROM) sembrano cavalcare definendola un’esperienza di “tortura medievale”. La versione ripubblicata è quella europea, storicamente meno difficile, che introduce il recupero delle vite tramite le soulstone (i cubetti da raccogliere in giro per la mappa) ed elimina i danni da caduta. Delle migliorie che, se non altro, la rendono più digeribile rispetto alla sua controparte americana, apparentemente nota per il sadismo.
Gli sfondi rigiocati oggi sull’Analogue Pocket risultano davvero ben fatti, con un sapiente uso del dithering
La riedizione fisica offre quindi l'opportunità di riscoprire un pezzo di storia dei videogiochi che testimonia i tentativi, a volte ingegnosi e a volte discutibili (come in questo caso), di adattare esperienze arcade su hardware limitato. Non è certamente un capolavoro dimenticato, ma a suo modo costituisce un interessante esempio di come l'industria abbia affrontato le sfide tecnologiche del passato.
In foto: bestemmie!
Per i collezionisti e gli appassionati di storia dei videogiochi o di Dragon’s Lair in particolare, questa riedizione ha sicuramente un suo valore. Per i giocatori moderni risulterà sicuramente un'esperienza datata, ma che offre comunque uno sguardo affascinante su come i limiti tecnologici possano influenzare l'interpretazione di un IP. A meno che non abbiate chiare tendenze masochistiche, e allora qui avete un’ottima opportunità per soffrire un po’.