eXistenZ #41 – World 1-1
eXistenZ è la nostra rubrica in cui si chiacchiera del rapporto fra videogiochi e cinema, infilandoci in mezzo anche po' qualsiasi altra cosa ci passi per la testa e sia anche solo vagamente attinente. Si chiama eXistenZ perché quell'altro film di Cronenberg ce lo siamo bruciato e perché a dirla tutta è questo quello che parla proprio di videogiochi.
I documentari dedicati al mondo dei videogiochi, poco importa se alla sua storia o all'attualità, tendono ad avere quasi tutti una caratteristica in comune: se la menano tantissimo, ci provano troppissimo, predicano ai convertiti, mi fanno salire la rogna. Sto esagerando, eh, ma neanche troppo. E sto pensando soprattutto a te, Video Games: The Movie, lurido sacco di pattumiera che non sei altro. Ogni tanto, però, qualcuno ci prova davvero e tira fuori un documentario degno di questo nome, interessante, approfondito, divulgativo, capace anche di destare qualche emozione senza cadere troppo nel tunnel del voler dimostrare a tutti i costi quanto il videogioco sappia essere poetico, artistico, intenso e capace di salvare il mondo. In questa rubrica ci è capitato di menzionarne diversi e oggi tocca a un altro.
World 1-1 è, quantomeno nelle intenzioni, il primo in una serie di documentari realizzati con l'obiettivo di raccontare la storia dei videogiochi in maniera approfondita, documentata e senza troppe fregnacce di contorno. L'idea è di farlo con calma, tracciando il percorso del settore attraverso i ricordi delle persone e i documenti d'epoca, parlando del lavoro degli sviluppatori, delle personalità degli uomini e delle donne che hanno lavorato su pietre (più o meno) miliari assortite e approfondendo anche l'aspetto più "affaristico", chiacchierando quindi della formazione e dello sviluppo del mercato. Insomma, è un documentario a tutto tondo, che in questa prima uscita affronta il periodo iniziale, raccontando i primi vagiti e concentrandosi poi sugli anni dell'ascesa e del crollo di Atari.
Il progetto è nato grazie a una campagna di raccolta fondi su Kickstarter, che ha raggiunto l'obiettivo dei 15.000 dollari necessari a finanziare equipaggiamento, spostamenti e riprese necessari per il primo capitolo. Il film è stato proiettato per la prima volta nelle sale a ottobre del 2014, si è poi fatto il giro di fiere e festival mondiali ed è spuntato su Steam, grazie al lavoro di Devolver Digital, a maggio 2015. Lo trovate ancora lì, serenamente disponibile per il noleggio o l'acquisto. Ma ne vale la pena? Ne vale la pena.
Il film parte, come detto, dagli esordi, mettendo sul piatto il lavoro di Steve Russell, Ralph Baer e altri pionieri, ma va poi a concentrarsi soprattutto sull'attività di Atari, raccontando le prime sperimentazioni in sala giochi, l'esordio nelle case con Pong, la concorrenza con il Magnavox Odyssey e altri, l'assunzione di Jobs e Wozniak e il mezzo rimpianto per la mancata collaborazione con Apple, il fenomeno chiamato Atari 2600, l'acquisizione da parte di Warner Bros., l'esodo di coloro che andranno a fondare Activision e via via fino al collasso del 1983. Al di là di una voce narrante – che francamente ho trovato piuttosto fastidiosa – utilizzata per i minuti introduttivi e conclusivi, la maggior parte del documentario è composta da interviste ai vari Nolan Bushnell, David Crane, Warren Robinett, Dona Bailey, Howard Scott Warshaw e via andare, con anche qualche intervento da parte di giornalisti del settore. Due ore, insomma, di gente che parla, rese più vivaci dal buon lavoro di montaggio, dal continuo affacciarsi di materiali d'epoca e dall'apprezzabile cura estetica.
Ne viene inevitabilmente fuori un documentario dal peso specifico notevole, che richiede attenzione e interesse. Non si racconta forse molto che non sia già noto a chi ama informarsi sulla storia dei videogiochi, ma gli aneddoti sfiziosi si sprecano, gli spunti personali e quelli più puramente giornalistici abbondano ed è davvero tutto molto curato nel mondo in cui le informazioni vengono messe in fila per creare un bel racconto. Insomma, è documentario fatto come si deve, forse un po' pesante per lo spettatore occasionale, ma certamente leggibile per chiunque, al di là di qualche cenno più per esperti. Ha magari il solito problema dell'americanocentrismo che spesso caratterizza questo genere di produzioni, con pochi accenni a quel che accadeva nel resto del mondo, ma d'altra parte in questo caso la cosa è perlomeno giustificata dalla scelta di concentrarsi su un ambito specifico, e in linea teorica i prossimi episodi, sei mai arriveranno, potrebbero ampliare il discorso. Già quel che c'è qui, comunque, costituisce un'ottima visione, assolutamente consigliata.