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I Goonies - Gioventù pirata

I Goonies - Gioventù pirata

Ricorderò per sempre la vecchia televisione a tubo catodico che avevamo nella casa al mare, quando mio nonno era ancora vivo.

Era una piccola televisione, già a colori, aveva due antenne posizionate sopra la scatola - una circolare e una telescopica - di cui ricordo la plastica rivestita con una texture per richiamare l'essenza del legno. Questo dettaglio la colloca in un momento specifico di passaggio, quando per ingentilirsi il gusto delle masse la similitudine naturale era la via.

Aveva una manopola per cambiare i canali, niente telecomando, e due manopole più piccole, di cui una per il volume e l’altra per dio sa cosa.

La manopola dei comandi veniva via, lasciando scoperto il perno di plastica sagomato sul quale si agganciava. Uno scatto, un canale: ricordo fino al nono, ma potrei sbagliare, potrebbero essere 12, scegliete un po' voi, indifferente ai fini del racconto

Io che abbraccio il me stesso del passato.

Questa era la televisione dell'estate. La televisione delle mattine oziose al mare, dei cartoni di Italia uno, dei telefilm, ma era anche la televisione di cui non avevo il controllo per "scegliere" le cose vere, che in questo modo restavano relegate al mondo delle idee, delle promesse di un trailer (all’epoca noti semplicemente come “pubblicità”, montati con un voice-over di frasi a effetto, un po’ casuali, forse sono ancora così, non lo so).

Ricordo distintamente la fine dell'estate, perché più buia, con più luci accese, delle lampadine a filamento, tutte calde, spendendo luci ambrate che riverberavano del colore del legno delle persiane chiuse, scrostate dalla salsedine, del pavimento ocra, del tavolo, una sottile lastra di marmo adagiata su quattro piedi di ferro nero, intorno raccolte delle Superleggere di Gio Ponti, manufatti delicatissimi dal sedile di paglia su cui mia nonna aveva messo dei piatti cuscini gialli, tenuti fermi da nastrini.

Un lungo preambolo per creare il mood, catodico, sbiadito, della prima volta che vidi lo spot televisivo de I Goonies e già lo sentivo mio, per appropriazione culturale (o imposizione culturale?) dominante di Mediaset che mietette vittime per tutti gli anni Novanta.

Era ancora una cosa da prima serata, molto prima che successivamente venisse relegato alla trasmissione pomeridiana del sabato, che poi sarebbe stata la finestra nella quale l'ho rivisto più spesso per molti anni.

Dubito vidi la trasmissione televisiva al quale quello spot si riferisse ma, come accadde anche per Grosso guaio a Chinatown, fu impossibile non accendere la mia eccitabile immaginazione fanciullesca.

Sentivo miei i Goonies prima che mi rendessi conto che non sarebbero mai potuti essere miei. Ma dalla mia villa arroccata sulla scogliera che dá su Quarantatremi, mentre volgevo lo sguardo a occidente, quando i raggi del sole morente toccavano Torre Viola, una delle torri di avvistamento aragonesi disseminate lungo tutta la costa laziale e ora residenza estiva della famiglia Ginolfi che l'ha trasformata, in una piccola Xanadu.

La tensione piratesca, data anche dalla quantità di storie inventate di sana pianta che mi bevevo da bambino credulone quale ero, su tutta una serie di grotte (il pozzo del diavolo è praticamente sotto casa mia), lidi, spiagge e compagnia cantante.

I Goonies, come la pirateria e uno svariato numero di opere che trovano spazio nello spazio bianco delle carte geografiche, sono un rimando alla giovinezza del mondo, alla quale sovrappongo la mia.

Essere giovani significa credere nell'esistenza dei tesori sepolti, e che la X indichi sempre dove essi siano nascosti.

I Goonies è anche una storia di dungeon, sotterranei, trappole, pozzi dei desideri. La ricompensa alla fede cieca nel fatto che il mondo materiale serbi di più che ciò che gli occhi possano vedere. Che un sacchetto di pietre colorate possa valere quanto una speculazione edilizia. Oppure che ci sia stata davvero una piovra gigante.

I Goonies è una storia di autoderminazione, di scoperta del mondo e di fine della giovinezza. Lo schema che segue è classico ma la sovrapposizione dei vari livelli, il contesto spaziale e temporale in cui colloca i suoi protagonisti, diventa il viaggio di formazione di eroi improbabili, cristallizzati nel momento culminante della gioventù, il momento esattamente prima della sua fine. C’è anche una dimensione spaziale (la mappa è trovata in soffitta, ma conduce nel sottosuolo) e una temporale (per conquistarsi un futuro, bisogna scavare nel passato) che si bilanciano sempre. Ogni cosa è mostrata nel suo opposto in una convivenza antitetica perfetta. E da questa antitesi tra i personaggi che trovano sempre un contraltare speculare nasce il gruppo che non è mai escludente ma ecumenico, superando barriere che spesso a un bambino vengono poste come insormontabili, di età, di sesso, di razza, ma accomunati da una insospettabile coscienza sociale e di appartenenza al territorio.

Per un bambino, I Goonies era l’avventura totale, anche con le sue asperità e le sue brutture, i suoi momenti scatologici o respingenti, che gestiva la tensione con la comicità, e nonostante ciò, riempiva il mondo di dettagli che donano vividezza al contesto e ai personaggi, anche grazie ad una coincidenza perfetta di momenti tra Spielberg, Columbus e Donner.

Non so come sarebbe un film come questo adesso. Forse la cosa più simile sarebbe contestualizzata in un universo narrativo già consolidato per giocare con i ganci piazzati lì per ampliare il bacino di utenza di una eventuale pellicola. Come Skeleton Crew, ad esempio, che in pratica si muove in un contesto similare ma sfruttando un altro linguaggio.

Non essendo un pedagogo non so dire con esattezza quanti e quali modelli di comportamento siano inaccettabili e come il tema verrebbe trattato oggi, non so nemmeno se proporrei una cosa del genere ad un bambino come lo ero io, ma è pure vero che a me nessuno forzò a vederlo, non venni “piazzato davanti alla TV” e questo probabilmente fece tutta la differenza, rispetto a riproporre a una nuova generazione tasselli ritenuti fondamentali dalla mia, o da quella precedente la mia.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai pirati, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.

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