Onore tra pirati o "come i pirati hanno vinto la guerra ai DRM"
Il primo software non era ancora stato creato che probabilmente il primo pirata informatico era già lì, pronto con un floppy a clonarlo e crackarlo per diffonderlo ovunque. Un po’ come il serpente nel peccato originale, la pirateria informatica esiste da quando esiste l’informatica, come la luce che non può esistere senza l’ombra. Ma è davvero un male? No, anzi. La pirateria è stata essenziale per la diffusione del software e per l’alfabetizzazione informatica.
Ho una particolare simpatia per il mondo della pirateria. Sarà perché sono italiano e quindi “Chi è senza crack scagli la prima pietra”, o perché il ruolo di questi sedicenti “pirati” è stato cruciale per la preservazione del software e dei videogiochi. Molti titoli sarebbero andati irrimediabilmente perduti, se non fosse stato per il lavoro instancabile di appassionati che hanno archiviato, catalogato e distribuito opere che le stesse software house hanno abbandonato. Le aziende, infatti, si disinteressano completamente dei giochi e dei programmi nel momento in cui smettono di essere redditizi. Se fosse stato per loro, molte gemme del passato sarebbero scomparse, sepolte sotto strati di burocrazia e diritti aggrovigliati. E invece la pirateria ha mantenuto viva una parte fondamentale della storia videoludica.
Se è vero che non c’è onore tra ladri, tra i pirati informatici invece sì. La cosiddetta “Warez Scene” o semplicemente “La scena” è una realtà molto più strutturata di quanto si possa immaginare. Fin dagli anni Ottanta, i gruppi di cracker si sono sfidati per essere i primi a violare le protezioni di un software e distribuirlo. Ma non per soldi. Qui la valuta è la fama e il rispetto della community underground. In quegli anni, gruppi storici come Fairlight (fondato nel 1987) e Razor 1911 (nato nel 1985) divennero vere e proprie istituzioni. Le BBS (Bulletin Board System) erano i centri di scambio di software e informazioni, e le crack intro, piccole opere d’arte digitali , diventarono un segno distintivo della scena. Alcuni di questi talenti finirono addirittura a lavorare per software house legittime, portando nel mondo del gaming professionale tecniche di ottimizzazione nate proprio nell’underground. Non è un caso che la Warez Scene sia sempre stata legata a doppio filo alla demoscene, una comunità che spingeva al limite le capacità dell’hardware con incredibili dimostrazioni tecniche. Molte delle ottimizzazioni oggi comuni nei videogiochi hanno origine proprio da questa cultura underground.
Con l’arrivo di Internet e dei CD-ROM, la scena pirata si strutturò ancora di più e si creò una vera e propria catena di montaggio:
Supplier procuravano copie originali dei giochi.
Cracker rimuovevano le protezioni.
Packer comprimevano i file per la distribuzione.
Courier distribuivano le release attraverso reti private.
Le regole erano rigide: ogni gioco doveva essere testato, perfettamente funzionante e accompagnato da un file NFO con informazioni dettagliate, ASCII art e spesso messaggi di sfida ad altri gruppi. La competizione era feroce: essere i primi a distribuire un gioco ("0-day release") era una questione di orgoglio.
Un classico esempio di file NFO.
La storia del software è anche la storia di un eterno gioco al gatto e al topo tra sviluppatori e pirati. Ma è nei primi anni 2000 che le software house iniziarono a introdurre protezioni sempre più aggressive. DRM (Digital Rights Managements, ovvero protezioni anticopia) come SecuROM, SafeDisc e StarForce si rivelarono, però, un’arma a doppio taglio: più che fermare i pirati, finirono per danneggiare gli utenti legittimi. Installazioni problematiche, limiti di attivazione e software invasivi che interferivano con il sistema operativo divennero la norma. Nel frattempo, la scena warez continuava a produrre crack che non solo rimuovevano le protezioni, ma spesso miglioravano l’esperienza di gioco. StarForce è forse l’esempio più eclatante: il sistema era talmente invasivo da danneggiare i lettori CD/DVD dei PC. La protesta dei consumatori fu tale che Ubisoft dovette abbandonarlo. Ironia della sorte, la pirateria divenne l’unico modo per giocare senza problemi a certi titoli, anche per chi li aveva acquistati legalmente. La svolta arrivò con Steam. Gabe Newell capì che la convenienza batte il più delle volte la pirateria. Un DRM leggero, combinato con prezzi competitivi e saldi frequenti, rese la pirateria meno attraente per molti giocatori.
Oggi l’ultimo grande DRM rimasto è Denuvo, sviluppato dall’olandese Irdeto. Basato su autenticazione online, virtualizzazione e offuscamento del codice, è una protezione incredibilmente complessa da aggirare. Il costo? Circa 100.000 dollari all’anno per gli sviluppatori. Per questo molte software house lo rimuovono dopo pochi mesi dal lancio: protegge le vendite iniziali, ma è troppo costoso da mantenere. La lotta contro Denuvo ha assunto proporzioni leggendarie. Gruppi storici come CPY e CODEX hanno dovuto reinventarsi completamente. Non era più solo questione di reverse engineering: ogni crack richiedeva settimane o mesi di lavoro. In questo scenario è emersa EMPRESS, una figura quasi mitologica, famosa per aver abbattuto le protezioni più ostiche. Ma il mito si è sgretolato quando ha iniziato a diffondere messaggi razzisti e omofobi, decretando la sua auto-espulsione dalla scena oltre a profondi problemi di salute mentale.
Chi sa, sa. E magari riesce anche a sentire la musica.
Con l’aumento delle dimensioni dei giochi, è nata una nuova figura: il repacker. FitGirl è il nome di riferimento in questo campo, grazie a una vera e propria rivoluzione nella distribuzione. I suoi repack comprimono i giochi fino al 30-40% delle dimensioni originali, mantenendo intatta la qualità e rendendo accessibili titoli AAA anche in paesi con connessioni internet limitate.
Il mercato ha parlato: i giochi di maggior successo su Steam spesso non hanno DRM invasivi. Titoli come Baldur’s Gate 3, Valheim, Stardew Valley, Terraria e Hollow Knight hanno venduto milioni di copie senza protezioni aggressive, dimostrando che qualità e rispetto per il consumatore sono le migliori difese contro la pirateria. La vera vittoria della scena warez non è stata solo nel battere i DRM, ma nel dimostrarne l’inutilità. Le software house hanno imparato che la pirateria non si combatte con la tecnologia, ma con politiche intelligenti. Offrire un buon prodotto a un prezzo equo è sempre stata la strategia vincente. E paradossalmente, è stata la pirateria a farlo capire al settore, oltre a fare tanti altri miracoli.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata ai pirati, che potete trovare riassunta a questo indirizzo qui.