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Hob ha ucciso Runic Games? O viceversa?

Hob ha ucciso Runic Games? O viceversa?

Per la serie “Recensioni che se la prendono comoda”, stavolta ho perso talmente tanto tempo a giocare e scrivere di Hob che i suoi sviluppatori hanno fatto in tempo a chiudere i battenti, qualche giorno fa, dichiarando bancarotta. Dispiace sempre quando una software house è costretta, suo malgrado, a interrompere le proprie attività, specie quando si tratta di Runic Games, creatori di Torchlight e Torchlight II, hack’n’slash estremamente piacevoli che mi avevano aiutato non poco a sedare le mie crisi d’astinenza per il genere nelle ere oscure prima dell’uscita di Diablo III. Pur con una certa tristezza nel cuore, non posso fare a meno di pensare che il destino di Runic sia legato a doppio filo con quello di Hob. Ma come spesso accade, è difficile determinare quale sia la causa e quale sia l’effetto.

Mi spiego meglio: Hob è un gioco con tante potenzialità non sempre ben espresse (anzi quasi mai) e che non riesce a scrollarsi di dosso quella sensazione di essere stato fatto uscire incompleto e prima del tempo. È stata quindi la qualità non proprio eccelsa del gioco a uccidere Runic? Oppure Runic era morta già da tempo e Hob è solo un figlio settimino, sparato nel mondo senza troppe speranze, cercando anche solo vagamente di fare cassa prima dell’inevitabile débâcle?

Lasciate da parte le mie elucubrazioni, che dubito troveranno mai risoluzione, Hob si inserisce a pieno titolo in quel filone di adventure game di grande atmosfera che annovera titoli come Shadow of Colossus, la serie dei Metroid Prime e, pur di striscio, anche Journey tra le sue fila. Il gioco dell’ormai defunta Runic non si sottrae a gran parte dei topos del genere: protagonista muto e incappucciato in qualche modo, ambienti desolati e/o ritornati a uno stato selvaggio, creature silenziose, una trama che incorpora in qualche modo un passato apocalittico e/o una grande guerra e ben poche indicazioni dirette al giocatore. Appare chiaro fin da subito che, nel caso di Hob, gli sviluppatori abbiano voluto cercare di effettuare una fusione fra il primissimo Zelda per NES, da cui mutua i combattimenti spada/scudo e una visuale isometrica in terza persona, insieme a classici elementi da metroidvania, con upgrade da trovare per sbloccare zone, puzzle vari e quelle menate lì. Il tutto con una spruzzata di platforming, tanto per calarsi meglio in un ambiente tridimensionale.

La sentite la solitudine anche voi?

Obiettivo indubbiamente ambizioso, ma il bello è che in Runic c’erano quasi riusciti. Dal punto di vista visivo e artistico, Hob è piuttosto spettacolare. Non è molto lontano dal mondo steampunk già tratteggiato in Torchlight, ma qui l’alternanza fra gli esterni e interni è ancora più riuscita: le lande e le rovine della superficie, coi loro colori vividi, fanno da contraltare alle sezioni sotterranee, crepuscolari e meccanizzate. Superbamente realizzate anche tutte le sequenze che coinvolgono il mondo di Hob, mentre si ricompone dalla sua natura frammentata, con zolle di terreno che si spostano in verticale sotto la spinta dell’enorme cuore meccanico che pulsa nel sottosuolo. Pregevoli, pur senza strafare, anche gran parte dei puzzle e delle sfide, con sezioni fortemente lineari che si alternano a sezioni più o meno libere, a volte un po’ confuse ma comunque efficaci.

Sembra dunque che tanta cura sia stata riposta in questi aspetti, purtroppo a discapito di altri, bellamente trascurati. Tecnicamente è veramente uno strazio, almeno nella versione PC: gravi bug si nascondono a ogni angolo e in ogni situazione, spesso costringendo a riavvii costanti per riportare le cose a posto. Nella mia esperienza, il gioco crasha all’avvio una volta sì e una no, e pesantissimi problemi di stuttering affliggono anche una configurazione di medio-alto livello come quella che utilizzo. Purtroppo anche il combattimento in generale risulta abbastanza blando e piatto, pur aspirando a una maggiore profondità. Prova ne è che a disposizione del protagonista ci siano ben cinque modi intercambiabili per schivare gli attacchi dei nemici, ma che di fatto poi vengono raramente utilizzati, limitandosi nella maggior parte dei casi a un button mashing solo a volte leggermente ragionato. Poca anche la varietà dei nemici, che contribuisce a quella sensazione di incompletezza e stanchezza generale. Tutta l’infrastruttura di upgrade e avanzamenti che Hob mette a disposizione sembra irrilevante e priva di peso ai fini dell’economia generale, che è quanto di peggio si possa fare a un sistema di progressione. A ciò si aggiunge una certa inconsistenza e legnosità nelle sezioni platform, ma prendete questa affermazione con le pinze, ché ho giocato Hob in parziale contemporaneità a quel capolavoro di Super Mario Odyssey e quindi magari è un po’ difficile tornare indietro.

Gli ambienti meccanizzati che si trovano nelle profondità del mondo di gioco.

Hob non è malaccio, anche se sarebbe potuto essere molto meglio di così. Un tema non particolarmente originale e una realizzazione tecnica che è tutto fuorché brillante ne pregiudicano inevitabilmente il risultato finale. Ma soprattutto, proprio non riesce a scrollarsi di dosso per tutto il tempo quella spiacevole sensazione di déjà-vù e, di conseguenza, anche una certa dose di profonda noia. Che tutto ciò sia il risultato della crisi di Runic? O è stato Hob, con le sue evidenti imperfezioni, a diventare l’inconsapevole (e in fondo caruccio) chiodo sulla bara? 

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Ho giocato a Hob grazie a un codice Steam gentilmente fornito dall’ormai defunto studio di sviluppo. Il gioco mi ha impegnato per circa nove ore, nel corso delle quali ho completato la storia a difficoltà Normale, con più di qualche sbadiglio in molte fasi.

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