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Racconti dall'ospizio #99: A Metal Gear Solid non puoi proprio dire nulla. A Twin Snakes, invece...

Racconti dall'ospizio #99: A Metal Gear Solid non puoi proprio dire nulla. A Twin Snakes, invece...

Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.

Nel 1998 è uscito Metal Gear Solid. Terzo capitolo della serie di Metal Gear, che abbandona i numeri e riparte da qui, guadagnando un "Solid" alla fine. Perché Hideo Kojima voleva far capire che le cose erano cambiate, stavolta c'erano i poligoni, c'era il solido, c'erano più muscoli e più denaro da spendere, via.

Mi si perdoni il francesismo, ma che cazzo di capolavoro che è Metal Gear Solid. Dai, non giriamoci intorno, se i videogiochi sono quello che sono oggi, lo devono a Metal Gear Solid. Infatti qualcuno lo odia. Era meglio quando i personaggi stavano zitti e bastava mezza scusa per far attraversare loro i livelli. Sicuramente qualche danno lo ha fatto, chiaro: pochi hanno capito che per fare un gioco così devi avere qualcosa da raccontare. Mica ti costringono, puoi pure fare i livellini di cui sopra, che sono bellissimi. Infatti oggi, nel 2018, vado pazzo per le collection HD di giochi vecchi vecchi, e le finisco dicendo fra a me e me "Eh, che bello quando saltavi e sparavi senza troppi fronzoli, senza ore di cutscene e menate varie." Perché quando Kojima ha alzato così tanto l'asticella, tutti si sono sentiti in dovere di provare a saltarla, anche chi non ne aveva le capacità. Quindi, oggi, se fai il gioco senza i drammoni e la tramona, non lo vuole nessuno, solo qualche stronzo amante degli indie, tanto cari.

Metal Gear Solid è ambientato nel 2005. Isole Fox, Alaska. Fa freddissimo, nel mare di Bering, soprattutto sull'isola di Shadow Moses, dove infuria una tempesta di neve. La faccio breve: sull'isola è stata sviluppata in segreto un'arma. Un Metal Gear, il robottone che rispunta fuori in ogni capitolo della serie. Mica così a caso, eh. Perché l'isola, che faceva da deposito per il governo americano, bella piena di testate nucleari, è stata presa di mira dai terroristi. Foxhound, si chiamano, come il gruppo di agenti speciali del governo. Hanno tradito gli USA e vogliono qualcosa in cambio. Noi siamo Solid Snake, lo stesso eroe divenuto leggenda dopo i primi due Metal Gear. Abbiamo trent'anni, siamo già pensionati, ché la vita del soldato speciale è dura ma basta campare poco per potersi ritirare. Ma un'ultima (credici!) missione non si nega a nessuno.

Yoji Shinkawa: gli dai una matita e ti tira fuori questa roba qui. Io rompo la punta solo appoggiandola sul foglio, a volte.

Va beh, il resto lo sapete e se non lo sapete, meglio: giocateci subito. Intrighi a non finire, cloni, il mistero di una missione disperata che rivela cose non dette a ogni passo compiutoi da Snake nei corridoi di Shadow Moses. Che freddo, il primo Metal Gear, lo si può sentire ancora oggi, nonostante gli anni sulle spalle, quando si attraversa nella notte un campo minato immerso nella neve. Forse è per questo che lo reputo (e non solo io) il migliore della serie, che come "primo capitolo" ha già saputo dire tutto quello che serviva dire. Un uomo solo contro il mondo. L'epica moderna del soldato che, armato di pistola, deve farsi strada fino all'inferno, una bollente fornace, per scontrarsi con un gigantesco dinosauro d'acciaio, che può lanciare l'arma peggiore mai creata, una roba che solo l'uomo potrebbe concepire.

Le musiche martellanti, fatte di bassi, di note raschiate via. Di sussurri ma soprattutto di silenzi. Mamma mia, i silenzi di Shadow Moses, che solo il vento era capace di interrompere. O le chiamate via Codec del colonnello Campbell, per carità, che Kojima di robe da dire ne aveva fin troppe e un po' le palle te le scassava. Ma glielo perdonavi, a Hideone si perdona sempre tutto. Ho giocato al primo Metal Gear Solid almeno venti volte. Venti sono quelle che ricordo, perlomeno. C'è quella sensazione di vuoto, di silenzio, di solitudine. Siamo soli in un posto dimenticato da Dio, anzi mai nemmeno notato da Dio. Stiamo salvando il mondo, la gente muore e nessuno lo sa, probabilmente nessuno lo saprà mai. È un po' lo stesso vuoto dello spazio di Alien. A Shadow Moses nessuno può sentirti urlare. E quest'anno compie vent'anni, il primo Metal Gear Solid. Forse vorrei un remake del gioco, solo per vedere se Shadow Moses riesce ancora a darmi i brividi di freddo. C'è da dire che nel 2008, con Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots, ci è riuscita. Ma è un'altra storia.

Ecco invece, nel 2002, Nintendo deve aver ingolosito parecchio Hideo Kojima, perché è riuscita a fargli approvare un vero remake del gioco per farlo uscire su GameCube. Ora, Metal Gear Solid: Twin Snakes, era pure bello a vedersi, perché usava di fatto il motore grafico di Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty. C'erano i corpi che non sparivano, c'erano gli armadietti in cui nascondere le guardie, c'era la pistola che addormentava, c'era la visuale in prima persona. Tutta roba fighissima ma che spaccava completamente il gioco. Ogni area poteva essere completata stando fermi nel punto giusto e addormentando tutti in prima persona. Ocelot lo battevi stando fermo in un angolo e si perdeva quel gioco dell'acchiapparella che c'era su PlayStation.

Che poi ti gasavi pure, a vedere Snake con questa grafica... ma lo stile? Dove era finito lo stile?

Poi la regia. La regia era tutta sbagliata, si salvava solo la roba copiata pedissequamente da Kojima. C'erano le tamarrate di Snake che fa surf sui missili o fa centro con una granata nel cannone di un carro armato. Questa roba fuori di testa, Kojima l'ha sempre fatta fare ai ninja cyborg che se lo potevano permettere, non ai soldati protagonisti delle sue avventure. Non è cattiveria, quella nei confronti di Twin Snakes, la gente deve capirlo. È che manca proprio il freddo di Shadow Moses.

Si capisce come fosse tutto sbagliato, vero?

Una delle cose rimaste tutto sommato illese nel remake (ricordiamolo: solo approvato con firmettina da Kojima, non supervisionato e menchemeno diretto) è lo scontro con Psycho Mantis. Ci sono giusto dei quadri che ridono, perché in qualche modo dovevano rovinare l'atmosfera. Che capolavoro, lo scontro con Mantis. Ti leggeva la Memory Card, ti dava dello sprovveduto se cadevi nelle trappole e dell'avventato se arrivavi da lui dopo aver sterminato guardie su guardie. Sì, perché ti leggeva nella mente, Psycho Mantis. Hideo Kojima giocava con te, con me, con noi. Lo ha sempre fatto, speriamo lo faccia ancora per tanto. Come quando, sempre durante questa boss-fight, ad un certo punto, sembrava che la TV non funzionasse più. E sul più bello diveniva tutto nero. Ma la scritta in alto a destra, dopo i primi secondi di panico, forse ci faceva capire che era solo l'ennesimo scherzone di Kojima.

Lasciate quindi che concluda questo mio vaneggio spiegandovi cheBLACKOUT!!!!!!!!!!

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Questo articolo fa parte della Cover Story "Metal Gear e Hideo Kojima", che trovate riepilogata a questo indirizzo.

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