Racconti dall'ospizio #110: Si capisce che Metal Gear Solid: Peace Walker lo ha fatto Hideo Kojima
Racconti dall’ospizio è una rubrica in cui raccontiamo i giochi del passato con lo sguardo del presente. Lo sguardo di noi vecchietti.
Ve l'avevo detto che Kojima deve sempre pisciare sulla staccionata per far capire che Metal Gear Solid è territorio suo. Dopo il gran finale in stile Righeira del quarto capitolo, la saga mica si ferma. All'inizio doveva chiamarsi Metal Gear Solid 5, ma poi, sai che c'é, mettiamo solo il sottotitolino, che la potenza di PSP mica basta al Koji, per fargli decidere che è degno del numerino. Mi è veuto da scrivere "numerino", perché ho scritto "sottotitolino". Che ho scritto perché, boh, la PSP è piccola. È piccolina.
Quindi, si diceva, Metal Gear Solid: Peace Walker. Praticamente, il gioco prende tutto il buono di Metal Gear Solid: Portable Ops e cerca di migliorarlo dove può. Siamo nel 1974, Big Boss sta assemblando il suo esercito per vendicarsi del mondo dopo il brutto affare di Metal Gear Solid 3: Snake Eater. Inizia la battaglia che scinderà i Patriots, contro Cypher, organizzazione guidata da Zero. E si tira su tutto un discorsone sulle intelligenze artificiali, su come stiano nascendo, come siano in giro da più di quel che si crede, tutta roba che sembra una stronzata ma di fatto è atta a giustificare poi la piega presa dal finale della serie. Quindi Kojima tira su un pasticcione un po' pieno di tecnobubbole, che il giocatore dice "Eh?" e alla fine ci crede, che i computer governano il mondo.
E per stordire tutti col delirio e farsi credere, ecco che l'Hideatore d'eccezione fa quello che gli riesce meglio: il pirla.
In Metal Gear Solid: Peace Walker, si tirano su i soldati legandoli a dei palloni che li sparano in cielo. Il Sistema di recupero Fulton, dice lui. Usato nella realtà due o tre volte, ha funzionato penso mezza, ma basta a Kojima per farlo diventare routine.
Combatti i mostri, i mostri veri. A forma di Metal Gear. Il dinosauro che ispira la macchina che ispira il mostro. E ci arrivi con un Palico che guida una barchetta. Che sono quei gattoni lì di Monster Hunter. E sì, tutti i mostri presenti sono tratti da Monster Hunter, quando non sono nuovi. Perché PSP vendeva troppo bene grazie a quella serie e male non faceva, sbatterli ovunque.
Poi il gioco finisce ma non finisce, ché tipo hai un terzo di gioco dopo il finale, a patto di catturare Zadornov, lo scienziato che tieni prigioniero, per sette volte. Sette. Lui scappa, nascondino, tac tel lì! ("Ordunque, eccolo lì" per i non nordici). Che pirlata noiosa.
Ma glielo perdoni, perché poi combatti una minorenne in mutande che guida un robot.
E poi hai un appuntamento con Kazuhira Miller, il tuo compagno d'armi futuro maestro di Solid Snake, sulla spiaggia. In mutande, andate a strusciarvi assieme in uno scatolone. Ancora una volta, non scherzo.
Secondo me Kojima non sapeva più come dirlo, a Konami, che voleva smetterla con Metal Gear.
Questo articolo fa parte della Cover Story "Metal Gear e Hideo Kojima", che trovate riepilogata a questo indirizzo.