Apologia del videogiocatore pigro
Esistono due tipi di videogiocatore: quello super informato, che studia i suoi videogiochi preferiti, ne è il più grande esperto al mondo e quello che… no, uguale. Solo quello. Cioè, poi ci sono quelli come me, ma costretti a vivere nell’ombra e infamati da tutti, non raccontati.
Mi sono sempre stupito di come, nella nostra bolla di sfigati senza vita troppo amanti dei giochini elettronici, sia considerato ignobile e vergognoso affrontare un videogioco con leggerezza, per il gusto di farlo, senza l’ambizione di scoprirne ogni segreto e di padroneggiarne ogni meccanica. É possibile, ve lo giuro, e non è un crimine..
Quando entro in un museo, ma il fatto che io sia un (meraviglioso) ignorante aiuta, non conosco quasi mai alla perfezione gli autori che sto guardando, le loro vite, le loro opere, seguo la linea tratteggiata a terra e mi lascio guidare dai sensi. Qualcosa mi lascerà indifferente, qualcosa mi colpirà dritto in the face, qualcosa richiederà tutta la mia attenzione per un tempo indeterminato. Senza studiarla a tavolino, senza chiedermi cosa è giusto o sbagliato. Senza.
Quando vado al cinema, scegliendo tra i film che mi ispirano di più, non conosco per forza tutto quello che ha fatto il regista, quanti premi ha vinto, dove è nato. E me ne importa pochissimo pure di come abbiano fatto a girare quella scena fighissima con il controcampo miracoloso. Entro, mi metto seduto, litigo con lo stronzo di fianco con il telefono acceso, e vedo cosa ha da dirmi il film, come e se mi emoziona, lascio che faccia lui tutto il lavoro sporco.
Ma, sia chiaro, non sono qui per promuovere il mio essere un giocatore pigro e sciatto spaventato dallo studio di meccaniche e dai livelli complessi, fate quello che credete, non mi interessa, sono qui per rivendicare il mio diritto, e non solo il mio, di vivere quest’hobby con il solo scopo di ricavarne, per me, il maggior piacere possibile. No, non è mai sbagliato, dopotutto siamo tutti alla ricerca di quel secondo impossibile di felicità.