Konami Code: vita, morte, miracoli
Su, su, giù, giù, sinistra, destra, sinistra, destra, B, A: il Konami Code (in Giapponese: Konami Komando) è forse il cheat code più famoso della storia. Diretto, semplice da usare e ricordare ma soprattutto estremamente utile in un’era in cui gli sviluppatori facevano di tutto per non farti vedere il finale di un gioco. Questa semplice sequenza di comandi ha trasceso abbondantemente le sue umili origini di codice di debug ed è diventata una parte importante del lessico e dell’immaginario nerd. In quanto cheat code è stato integrato in centinaia di giochi nel corso degli anni ma il fenomeno non si è limitato al mondo ludico. È citato in decine di testi, ma anche usato come easter egg in moltissime pagine web del passato e del presente. È anche parte importante della trama di uno dei miei film preferiti di sempre, Ralph Spaccatutto.
È inutile girarci intorno, il Konami Code ha completamente trasceso la sua effettiva utilità per diventare uno dei simboli dell’universo dei videogiochi. Chiunque si definisca un vero giocatore deve (almeno secondo alcuni) conoscere il Konami Code. È molto più di una sequenza di comandi, è una bandiera, un inno, una stretta di mano segreta che unisce i giocatori di tutto il mondo.
Le origini, come ho detto, sono molto umili e legate a un’effettiva utilità. Nel 1985 Konami sta convertendo alcuni dei suoi classici arcade per console casalinghe. In questo frangente, Kazuhisa Hashimoto fa parte di un piccolo gruppo che lavora al port di Gradius, il classico shoot-em-up arcade, su piattaforma Famicom/NES. Gradius è un gioco tanto bello quanto brutale nella sua difficoltà, in sala giochi come a casa: servono riflessi pronti, memoria di ferro e tanta pazienza. Col suo avveniristico sistema di armamento progressivo, costringe i giocatori a raccogliere power-up mentre schivano proiettili e astronavi provenienti da ogni lato. I power-up raccolti vengono usati dal giocatore al volo per potenziare progressivamente il proprio armamento con un sistema interessante e brutalmente difficile da usare se non lo si conosce. Ma se si fa tutto per bene, alla fine ci si può ritrovare con un’astronave completamente potenziata che spara laser come fosse una corazzata spaziale. Solo che basta un colpo, letteralmente un SOLO colpo per perdere tutto e trovarsi col Vic-Viper che emette l’equivalente di flebili palline da ping-pong. A quel punto il giocatore si ritrova con un pugno di mosche in mano ad affrontare l’intera armata dei Bacterion, una missione praticamente impossibile anche per il più veterano dei giocatori.
L’ho già detto che Gradius è brutalmente difficile?
È difficile per me, che mi ci son messo di buona lena ma non supero il secondo livello, è difficile per quasi il 100% della popolazione sana di mente ma soprattutto era difficile anche per Kazuhisa Hashimoto che doveva lavorarci su e testare l’intero gioco.
Scordatevi gli strumenti di debug fighetti dei giorni d’oggi, nel 1985 avevi sangue, sudore e linguaggio macchina. E con quel linguaggio macchina Hashimoto inserì un codice nel gioco per rendere le proprie partite di prova più semplici e permettergli di raggiungere la fine senza troppi problemi: su, su, giù, giù, sinistra, destra, sinistra, destra, B, A. Inserendo questo codice mentre il gioco è in pausa, il Vic-Viper si ritrova nuovamente con un arsenale quasi completo, ed è quindi molto più semplice progredire nei livelli. La scelta di quella sequenza di comandi fu probabilmente dettata dalla semplicità di memorizzazione ed esecuzione.
Quando infine nel 1986 Gradius uscì in Giappone, il codice era ancora lì. Non è chiaro il perché non fosse stato rimosso: forse semplice dimenticanza o magari il codice era effettivamente piaciuto al team di sviluppo che aveva deciso di lasciarlo lì. Questa tesi è avvalorata dal fatto che dopo l’uscita di Gradius, gli sviluppatori di Konami avrebbero lavorato a decine di altri titoli per Famicom/NES. E molti di questi integravano lo stesso codice, seppur con funzionalità diverse, ma sempre volte a rendere la vita del giocatore più facile.
Su tutti ricordiamo Contra per Famicom/NES del 1988, altra brutale conversione di un classico arcade su piattaforma casalinga: inserire il codice nella schermata di avvio dava al giocatore ben trenta vite, al posto delle normali tre, rendendo molto più semplice arrivare alla fine del gioco. Ed è con Contra che il codice raggiunge la consacrazione definitiva, forse anche grazie al grande successo occidentale del gioco. Probabilmente qualcuno aveva già scoperto il codice in maniera naturale, ma è grazie alle riviste dell’epoca, che pubblicavano abitualmente guide e trucchi, che raggiunge rapidamente un’inaspettata popolarità. Tanta è la sua fama collegata a Contra, più che a Gradius, che per molti è ancora il “Contra Code”.
Da lì in poi fu tutto in discesa, il codice venne integrato in centinaia di giochi di Konami e non, a volte seriamente, altre volte anche solo per strizzare l’occhio al giocatore. In Kid Dracula di Konami, uscito nel 1990 per Famicom/NES, inserendo il codice nel menu iniziale compare solo una scritta che dice “Peccato! Qui non funziona!”.
Il fenomeno non si è fermato con la fine dell’era 8 bit, anzi. In Metal Gear Solid 2, inserendo il Konami Code nella schermata di “Clear”, Snake ci urla contro “Cosa pensi di fare?”. E con l’avvento dell’era di internet c’era da aspettarsi che una generazione cresciuta a pane e NES avrebbe inserito il codice nei progetti a cui lavorava. Il Konami Code sblocca(va) piccoli segreti in una moltitudine di siti fra cui Buzzfeed, Facebook e perfino nella pagina web di celebrazione per i 150 del Canada. Sì, proprio la nazione. C’è un sito ufficiale governativo che usa il Konami Code.
Poi la celebrazione definitiva in Ralph Spaccatutto in cui rappresenta un pezzo importante della trama quasi a consacrazione del suo ruolo di cheat code per eccellenza.
Se volete una lista molto completa di tutte le apparizioni del Konami Code nel mondo dei videogiochi e non, andate sul sempre eccellente TVTropes dove ho trovato molte informazioni per questo articolo: https://tvtropes.org/pmwiki/pmwiki.php/Main/KonamiCode.
Adoro i trucchi nei videogiochi, un po’ per l’evidente divertimento che se ne trae, un po’ perché squarciano il velo della finzione e mi ricordano che alla fine è solo un gioco, creato da persone come me che magari un pomeriggio non avevano voglia di smazzarsi l’ennesima sessione di debug. La quasi totale scomparsa dei cheat nei giochi moderni è sintomo di una certa serietà e di un certo appiattimento che pervadono la produzione videoludica, almeno quella ad alti livelli. Certo, in un mondo fatto di achievement, bilanciamenti complessi e competizione a livello mondiale grazie a internet, è difficile giustificare e inserire questo tipo di segreti. Sta di fatto che come giocatori, abbiamo perso qualcosa nel non avere più la possibilità di cazzeggiare amabilmente con i nostri giochi, che sia per aggirare una difficoltà, per farsi una risata con dei modelli dalle teste esagerate, o anche solo per farsi sfottere un po’ da uno sviluppatore frustrato. O quantomeno le modalità son cambiate, non più affidate ad esoteriche combinazioni che si tramandano di persona in persona, ma relegate a ricompense di fine gioco o, peggio, a costosi e inutili DLC.
Quindi unitevi a me nel celebrare il Konami Code, santo patrono di tutti i cheat, e il suo creatore Kazuhisa Hashimoto, scomparso purtroppo qualche anno fa, mentre intoniamo ancora una volta l’arcana formula magica: ↑↑↓↓←→←→BA.
START!
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata a Konami, che trovate riassunta a questo indirizzo.