Librodrome #19: Player One, here I come
Attenzione. Ogni due settimane, in questa rubrica si parla di cultura. Niente di strepitoso, o che ci farà mai vincere il Pulitzer, ma è meglio avvertire, perché sappiamo che siete persone impressionabili. E tratteremo anche dei libri. Sì, quelle cose che all’Ikea utilizzano per rendere più accattivanti le Billy. E anche le Expedit.
Del libro No Logo di Naomi Klein ricordo un passaggio in cui veniva spiegato il motivo per cui la catena McDonald's ha a cuore che i bambini frequentino i suoi fast food e mangino i suoi hamburger: perché i ricordi dell’infanzia sono quelli più belli e li porteremo per sempre con noi. E per rievocarli faremo tutto il possibile, anche tornare da McDonald's.
In quest’ottica, Player One di Ernest Cline è un succulento (eh, sì) Big Mac, da addentare per riportare al palato un bel po’ di ricordi. Ma è anche una delle tante chiamate alle armi per “chi c’era”, per chi è cresciuto negli anni '80 guardando Wargames, i Goonies, E.T., Corto Circuito, Robocop, chiedendo in regalo ai genitori l’Atari, cercando di cantare Der Kommissar di Falco, infilando monetine nei cabinati delle sale giochi. Chi è nato dagli anni '70 in poi è cresciuto sempre più bombardato da oggetti da desiderare, film e cartoni animati da guardare, musica da ascoltare e cantare, videogiochi da giocare, mondi in cui immergersi, personaggi da interpretare, fumetti da leggere e infine ricordi da evocare, citazioni da cogliere, persone con cui intendersela all'istante alle parole “I'll be back” (e tsk… tenetevi le vostre magliettine con scritto “Bazinga!”, pivelli).
Nel 2045 raccontato in Player One da Ernest Cline, autore alla sua opera prima, classe 1972 e proveniente dall’Ohio, gli anni '80 sono ri-tornati di moda, il mondo è disastrato dalla crisi energetica e le persone vanno a scuola, vivono, trascorrono il tempo libero e fanno shopping su OASIS, una realtà virtuale, tridimensionale e aumentata creata da James Halliday, un nerd miliardario di prima generazione, a conti fatti coetaneo mio e dell'autore: un tizio talmente nerd da aver denominato alcuni pianeti di OASIS Frobozz, Goon Docks, Gygax e così via. Halliday, alla sua morte, ha nascosto un Easter Egg in OASIS: chi lo scoprirà, erediterà tutta la sua fortuna. Il protagonista narratore è Wade "Parzival" Watts, un ragazzino del futuro, cultore del "nostro" pop anni '80, di videogiochi e D&D, un Gunter (Egg Hunter) determinato a scovare l’Easter Egg, a costo di vivere solo su OASIS. Insomma, roba da svalvolare: Player One è un romanzo d’avventura in piena regola, immerso nell’universo di citazioni e riferimenti che mai troppi trenta-quarantenni di oggi considerano ancora la chiave per aprire il loro cuore. Quelle citazioni che, se le cogli, ti senti il figo che non sei mai stato quando avevi sedici anni, mentre cercavi di risolvere gli enigmi di Indiana Jones and the Last Crusade. Quelle che se incontri altre persone come te, ti senti silenziosamente parte della stessa setta di eletti che negli anni '80 c’erano.
Ho iniziato a leggere Player One dietro suggerimento di un amico e confesso che avevo qualche timore: comincio a essere infastidita dall’eccessivo compiacimento su cui fa leva l’auto-referenzialità nerd, perlomeno quando si oltrepassa un certo limite e ci si trova di fronte a soggetti (o peggio ancora a blog, articoli o testi) che sciorinano a memoria e in modo sterile qualsiasi inutile riferimento nerd pur di farti capire “che ne sanno a pacchi”. Ancor più fastidio provo quando mi rendo conto che il nerd e il suo variegato bagaglio culturale sono diventati un prodotto da spremere con ammiccanti e seduttivi gadget d’amarcord. Sono trascorsi diciannove anni da quando ci si passava compiaciuti la VHS con Clerks di Kevin Smith: oggi, incredibile dictu, anno domini 2013, viviamo in un momento storico in cui i nerd sono diventati i nuovi fighi. Io non so chi dobbiamo ringraziare o incolpare di questo: tendenzialmente mi fa piacere che una parte della cultura pop che mi ha dato l’imprinting sia ora apprezzata anche da ragazzi nati negli anni '90, e che il mio retaggio sia considerato figo e colto anche solo come moda passeggera. Qualcosa più della semplice moda rimarrà nelle persone più sensibili, capaci di rielaborare il meglio che hanno potuto cogliere dal riflusso nerd, dai pixel, dagli 8 bit, dai sintetizzatori e… no, dai legging fluorescenti e dai capelli cotonati direi proprio di no.
Diciamo che in Player One, romanzo dalla trama lineare, tanto avvincente quanto scontata e classica, viene percorsa l’impervia strada dell’auto-referenzialità, del compiacimento suscitato dal riconoscere questa o quella citazione, dal ritrovarsi in situazioni vissute o semplicemente fatte proprie in anni successivi, leggendo Wikipedia con avidità per colmare gli inevitabili vuoti di conoscenza dovuti al fatto che, in quanto italiani, vivevamo nella cintura esterna della galassia nerd, fatta di film doppiati, di manuali D&D non tradotti, di cartoni animati che in alcune regioni si vedevano e in altre no, di gruppi musicali riscoperti con YouTube (per quanto mi riguarda, i Devo), di giochi che parevano brutti e che in realtà erano davvero così brutti che, mentre arrivavano sugli scaffali qui in Italia, all’altro capo del mondo li stavano già seppellendo nel deserto del New Mexico. Insomma, muovendosi sul crinale del “sono nerd e me ne vanto”, Player One riesce a cogliere con una buona dose di ruffianeria le varie fasi vissute dalle persone della prima vera generazione nerd: la solitudine, la scoperta di amici con passioni comuni, l’inizio di una vita in un mondo che ha persino trovato modo di premiare con una buona dose di dignità anche un pallino giallo che rincorre dei fantasmini blu. E per fortuna il libro ci risparmia la morale sul mondo virtuale che allontanerebbe le persone da quello reale.
Player One (titolo originale Ready Player One) è un libro di Ernest Cline ed è pubblicato in Italia da ISBN Edizioni – Milano. L’ho letto in italiano, in versione ebook per Kindle. Il testo non contiene immagini quindi non ci sono particolari controindicazioni per non prenderlo in versione cartacea, anche se devo dire che la grafica della copertina italiana è molto carina. Warner Bros ha acquistato i diritti del libro per farne un film. Player One è un romanzo di più di 600 pagine che scorrono via così lisce da trascinarci davvero in un altro mondo e crederci sul serio. Del resto, perché no? È davvero uno dei nostri mondi.