Le serie TV dell'universo cinematografico Marvel: una, nessuna e centomila
Siamo nel 2012, The Avengers fa il botto e Marvel si prepara a lanciare sul grande schermo la fase 2 del suo maxi progetto. È prevista nel 2013, ma la gente sbava, dopo che in primavera è saltata sulle poltroncine coi Vendicatori negli occhi. Come placarla? Due parole: universo espanso. Quel tipo di prodotti laterali che non influiscono sulla trama principale di un’opera ma ne espandono l’universo narrativo. E magari, spesso, sono fruibili persino da soli, cosa che la saga di Star Wars ha sempre saputo fare, tra alti e bassi. In produzione da un po’, ecco quindi che a settembre di quell’anno debutta oltreoceano Agents of S.H.I.E.L.D., su ABC.
Arriva per ora a cinque stagioni, è la serie TV Marvel più longeva, coi suoi ventidue episodi per ogni rinnovo. Racconta le avventure dell’omonima agenzia investigativa, con protagonista l’agente Coulson, che no, non è morto ma, tramite un metodo bislacco, è tornato nel regno dei vivi. Non voglio dirvi come, vale la pena di scoprirlo, vi dico solo che c’entrano i Kree, sei anni prima che divenissero popolari grazie a Captain Marvel e due anni prima del loro debutto ne I guardiani della galassia. Un inizio non molto convincente, puntate quasi autoconclusive vecchio stile, cast piuttosto piccolo… tirava aria da team sfigato, più che da super squadrone di spie. Eppure, episodio dopo episodio, il cast è diventato sempre più adorabile e le trame si sono fatte sempre più orizzontali. Al cinema, durante la prima stagione, l’Hydra dominava in Captain America: The WInter Soldier, e lo S.H.I.E.L.D. veniva smantellato, ma il modo di continuare ad esistere nella serie si è trovato.
Agents of S.H.I.E.L.D. propone tanto sottobosco Marvel, Fra citazioni ed eroi secondari. Ha molta inventiva, poco budget ma tanto cuore e si incastra molto bene con tutta la produzione filmica, con alcuni picchi meritevoli, come la parte finale della prima stagione, un momento specifico della terza legato ad Avengers: Age of Ultron (un vero e proprio prologo) e via discorrendo, fosse anche solo un legame concettuale con quello che il cinema mette in campo. È la serie TV Marvel che consiglio sempre, se si ha un po’ di tempo e comunque si cerca qualcosa che faccia respirare l’aria di universo condiviso. A patto di stringere un po’ i denti con una qualità che aumenta a piccoli passi e chiudendo un occhio su qualche faciloneria (Coulson dovrebbe sempre fingersi morto e a volte non è così credibile che nemmeno mezzo Avenger si interroghi su cosa stia accadendo in città quando lui è in giro), la serie può farvi molto felici e persino emozionarvi per personaggi che ormai sono diventati quasi degli amici, e che se muoiono ci restate male, mentre forse metà dei supertizi in sala, se schiattasse, ci farebbe solo esultare. Esagero? Nì, dai. Ciao War Machine!
Per due stagioni abbiamo avuto anche la possibilità di dare un’occhio alla nascita dello S.H.I.E.L.D. con Agent Carter, andata in onda tra il 2013 e il 2015, nelle pause della seconda e terza stagione della “serie madre”, per un totale di sedici episodi. Atmosfera da sogno, musiche d’epoca sfiziosissime, un look da film di spionaggio con una protagonista che ha fatto da vero manifesto del girl power, portando comunque avanti un discorso che già la Vedova Nera al cinema rappresentava degnamente sin dalla sua prima apparizione. E James D’arcy nei panni del maggiordomo Jarvis è semplicemente meraviglioso.
Ed è proprio nel 2015, dopo voci e annunci, mentre al cinema la fase 2 si sta concludendo e la Guerra Civile non è poi così lontana, che Netflix si gioca la carta del binge watching, con il primo tassello del suo personalissimo universo televisivo, quello degli eroi underground, protettori della strada, angeli dei bassifondi, i futuri Defenders. Il primo dei Difensori è Daredevil, l’underdog Marvel per eccellenza. Il connubio Marvel/Netflix viene pensato a lungo termine, con due-tre serie l’anno, ovviamente distribuite complete da subito come la piattaforma generalmente prevede, e non settimana dopo settimana. Viene annunciato che dopo il Diavolo di Hell’s Kitchen il pubblico deve prepararsi a Jessica Jones, con Luke Cage e Iron Fist al seguito. Le quattro serie, da tredici puntate ciascuna, sono destinate infine a confluire in The Defenders, di fatto una versione urbana degli Avengers.
L’esito delle serie Netflix si è rivelato curioso: seppur in piccolo, è ufficialmente il primo passo falso dell’MCU, escludendo alcune delle prime pellicole, quando però si stava ancora delineando. I prodotti per la piattaforma streaming più in voga del momento sono maturi, oscuri, pieni di sangue e parolacce, drasticamente diversi nei toni rispetto a quelli del cinema. Più coraggiosi, volendo. Ma noiosi, santo cielo. Noiosi. Dopo la prima stagione di Daredevil, acclamata da tutti, e dopo Jessica Jones, che ho sempre preferito anche a Matt Murdock, la magia si è incrinata. Luke Cage poteva durare quattro puntate ma gli obblighi contrattuali ne prevedono tredici e guai a diminuirle. E non parliamo di Iron Fist o di The Punisher, eroe che si è aggiunto in corsa. Per il 90% delle serie, il commento che si spreca è: “Inizia molto bene, poi il nulla cosmico. Però il finale davvero niente male”. The Defenders devo dirlo, sarà che erano solo otto puntate, sono riuscito a farmelo piacere, tutto sommato. I combattimenti pieni di grossi punti di domanda, ma le interazioni fra il quartetto mi piacevano, o forse era solo Jessica Jones ad essere sempre adorabile e riusciva a tirare su ogni scena.
Nell’arco di tre anni, con la terza serie di Jessica Jones ancora da pubblicare, il progetto Marvel Netflix è morto. Uscita l’ultima secchiata di puntate della spregiudicata detective, la serranda si chiuderà, visto anche l’arrivo di Disney+, piattaforma su cui confluirà tutta la produzione Disney (e quindi Marvel).
In un’atmosfera più classica, e in qualche modo più teen, si muovono invece Runaways e Cloak and Dagger, le serie famose perché “Ah, ma esistono?” o anche “Ah, sono Marvel?”, almeno per quel che riguarda il pubblico più mainstream, che non passa la vita come me a refreshare le wiki su Internet. Una su Hulu, l’altra su Freeform, propongono una Marvel sicuramente alternativa, meno supereroica, più umana, o quantomeno metaumana ma calata nella vita di tutti i giorni. In Runaways, un gruppo di ragazzi viene sconvolto dalla consapevolezza dei poteri, fuggiaschi dai genitori criminali. Cloak & Dagger ci racconta invece di ragazzi diversi ma simili, legati da due poteri contrapposti, luce e oscurità. Colore della pelle e ceti sociali sono differenti ma i due si rivelano più simili di quel che si possa credere. Le due serie intrattengono, divertono e, soprattutto Runaways, hanno un’impronta caratteriale forte, scenografie pensate, tanto cuore. Ovviamente ci si deve aspettare prodotti pensati a 360°, con un occhio rivolto ai giovani (occhio che però non strizza troppo l’occhio verso quel target), risultando comunque godibili per tutti.
Di Inhumans non voglio più parlare.
Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata agli Avengers, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.