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Paperback #13: Un Polpo alla Gola

Paperback #13: Un Polpo alla Gola

Paperback è la nostra rubrica quindicinale in cui parliamo di libri non strettamente legati al mondo dei videogiochi. Visto che per quelli legati al mondo dei videogiochi c’è quell’altra.

"Ricorda: nessuno guarisce dalla propria infanzia."

Con questa frase un po’ profetica un po’ epitaffica (perché sì) si chiude la quarta di copertina del secondo volume di Zerocalcare, Un Polpo alla Gola, sopra il ritratto di un malconcio pupazzo di Jeeg. Se non sapete chi è Zerocalcare, non solo vivete fuori dal mondo, ma non siete nemmeno lettori attenti di codesta rubrica. Infatti, poco tempo fa, Zerocalcare, artista del disegno e fumettaro di successo in rete, è stato già ospite su Paperback con La Profezia dell’Armadillo, la sua opera prima.

Ed ora è di nuovo ammore. Disclaimer: non aspettatevi un secondo Armadillo. Un Polpo alla Gola è quanto di più lontano ci possa essere dal precedente volume. Se nella Profezia vi erano tanti piccoli episodi scritti con la stessa struttura del suo webcomic, in questo volume vi troverete davanti a un vero e proprio romanzo, in cui il protagonista, lo stesso Zerocalcare, passa dall’infanzia all’età adulta (per dare una connotazione puramente temporale, l’adultitudine è un concetto ormai superato, si sa), attraverso l’adolescenza. I personaggi principali di questa storia, Zero, Secco e la loro amica Sara, scoprono i resti di un probabile omicidio nella foresta dietro la scuola, nella quale si sono introdotti abusivamente durante l’intervallo. Da quell’episodio si dipana la storia, che gira tutta attorno al senso di colpa del non detto, della marachella (più o meno grave) non raccontata e che piano piano cresce assieme a noi fino ad avvelenare, subdolamente, ogni momento della nostra esistenza. Ognuno ha il suo Polpo attaccato alla gola. Quell’episodio della nostra infanzia o adolescenza, che non abbiamo il coraggio di affrontare. Non solo per non dover far i conti con l’altro, la vittima, ma soprattutto per non dover fare i conti con noi stessi.

Perché, come nella storia del barbiere e del principe con le orecchie d’asino, non è il segreto in sé, a roderci nell’animo, ma il non poterlo raccontare che ci consuma da dentro. La verità rende liberi. O per lo meno ci permette di essere più Luke Skywalker e meno Lord Fener.

Come sempre profondamente poetico, Zerocalcare riesce nell’intento di crescere pur rimanendo fedele a se stesso, alla sua ironia graffiante, alla sua cultura fatta di miti pop, formazione popolare (la citazione di Lando Fiorini, signori, ma che je volete dì?) ed erudizione.

E ancora una volta si conferma un perfetto cantastorie, un narratore a tutto tondo, di quelli con la trama (sempre lei) completamente addomesticata ai propri ordini. Uno che ti butta un dettaglio là con nonchalance in mezzo al nulla e lo utilizza, alla fine, per fare un epilogo DA PAURA.

Continuate a tenere d’occhio 'sto pischelletto, perché ci riserverà ancora un sacco di belle sorprese, secondo me.

Per concludere: La Profezia dell’Armadillo ha vinto il premio Gran Guinigi come Miglior Storia Breve a quest’ultima Lucca Comics & Games (1-4 novembre 2012). Alla serata di premiazione il discorso di Michele Rech (aka Zerocalcare) è stato più o meno questo, nella sostanza se non nella forma “non m’avete cagato, me so autopubblicato, e mo me premiate”. Questo, signori, è lo stato del fumetto in Italia. Un’arte, non mi stancherò MAI di dirlo, relegata ai margini della cultura e i cui autori vengono etichettati dispregiativamente come dei “pupazzettari”. Per fortuna poi è arrivata Bao. Sì, quella di Bone. E di tanto altro ancora. E diamoglielo, 'sto riconoscimento!

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