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Outcast SOTY 2024

Outcast SOTY 2024

E rieccoci qua, con la nostra pubblicazione “disallineata” di articoli e podcast in cui, dopo essercela presa largamente comoda e aver avuto il tempo di (recuperare due o tre cose e) metabolizzare per bene, chiacchieriamo dell’annata appena conclusa.

Le regole, come sempre, sono semplici, e infatti le copincollo (con lievi correzioni) da quelle degli anni passati: ciascuna delle persone partecipanti, selezionate in base al classico criterio "Chi c'ha voglia", integrato con "Chi si ricorda", "Chi mi manda la roba per tempo" e "Chi non ha la sfortuna di avermela mandata in una maniera che abbia fatto sì che poi io me la sia persa", deve indicare una serie, un film e un videogioco che ritiene svettino rispetto a tutto il resto e dare anche una minima motivazione. Ah, e deve essere roba uscita in Italia nel corso dell’anno solare. Ovviamente, poi le regole vanno subito nel cesso e ogni singola persona fa quel che vuole, ma insomma, siamo fatti così.

Lo spirito non è quello di fornire indicazioni oggettive e completissimissime, è solo che ci piace dire la nostra e, magari, consigliarvi cosette interessanti che vi sono sfuggite. Tutto qui. Si comincia oggi con le serie TV, poi domani i film e infine mercoledì i videogiochi.

Buona lettura e buon 2025!

Andrea Maderna

Volevo ripetere la mia selezione di due anni fa e piazzare qua Bluey, che con la parte finale della terza stagione ha fatto una serie di numeri da circo confermandosi come la migliore roba esistente in TV e se non siete d'accordo vi meno. Solo che poi mi sono accorto che sì, io le ho viste nel 2024 e sì, in RAI le han passate nel 2024, ma su Disney+ ci stanno dal 2023 e quindi niente, non vale, non posso fare l'alternativo con una roba tutta bella dolce e colorata in contrapposizione alla gente che s'ammazza in tutte le serie scelte dagli altri. Sigh. Scusate per la divagazione. Dunque. Purtroppo (?) nel 2024 ho seguito poche serie nuove, mi sono perso praticamente tutti i pezzi da novanta e ho fatto fatica anche a stare dietro alle robe che già seguivo. Fra le poche cose nuove* che ho guardato, c'è Mr. & Mrs. Smith, che ho apprezzato molto e stava rischiando di finire qui, ma poi, in extremis, un paio di settimane fa ho deciso di provare Shrinking su Apple TV+ e me ne sono innamorato, sparandomi tutte e due le stagioni nel giro di relativamente breve tempo. In pratica, è l'erede spirituale di Ted Lasso, con cui del resto condivide il creatore Bill Lawrence. Tratta gli stessi temi, ha lo stesso spirito giocoso da dramedy che prende tremendamente sul serio ciò di cui parla senza smettere mai di scherzarci su e ne conserva la sincerità e l'apertura assoluta con cui non scivola mai nel cinismo e vuole bene ai propri personaggi. L'unica differenza rispetto a Ted Lasso sta nel fatto che non usa il calcio come cavallo di Troia per parlare di psiche. Anzi, lo dichiara proprio apertamente, che il suo tema è quello, piazzando al centro delle vicende un trio di psicanalisti. È bellissima. E, come dicevo sopra, mi fa anche piacere metterla qua per contrastare i consigli che si trovano nel resto di questa pagina, quasi tutti a base di gente che s'ammazza e/o muore male.

*In realtà un po' di serie nuove le ho guardate, alcune anche molto belle, ma temo nessuna che potrei considerare SOTY sentendomi con la coscienza a posto. Quindi un grazie alla saggia decisione di fare le cose con calma, che m'ha dato il tempo di recuperare Shrinking (e la quarta stagione di Slow Horses, ganzissima).

Andrea Peduzzi

In un'annata sicuramente sfiziosissima, lato serie TV, che tra le altre cose ha visto il ritorno di Netflix tra la gente perbene grazie all'uscita di due chicchette come Baby Reindeer e Ripley (e senza buttare via nemmeno Il problema dei 3 corpi, eh!), il mio votino va comunque alla quinta stagione di Fargo, passata dalle nostre parti via Sky Atlantic a partire dal 2 novembre del 2023, per poi chiudersi il 17 gennaio del 2024, appena in tempo per rientrare in gara (seppur contro il volere del capo che mi ha fatto una testa tanta sostenendo che sia una serie del 2023). Oltretutto, con Fargo ho avuto un rapporto un po' strano, che mi ha fatto mollare la quarta stagione dopo un paio di puntate, tuttavia la quinta è fantastica, favolosa, persino superiore alla già clamorosa seconda. Merito di una sceneggiatura impeccabile capace di raccontare l'America di Trump meglio di qualunque saggio o tiggì, della vocazione femminista affidata soprattutto alle interpretazioni di Juno Temple e Jennifer Jason Leigh e delle atmosfere piacevolmente horror. Ah, sì, poi c'è un Jon Hamm bistecconatissimo con i piercing ai capezzoli: che gli vuoi dire?

Davide Moretto

Sono un grande fan delle produzioni Apple TV+, perché trovo che abbiano una qualità di scrittura e messa in scena superiori ad altri servizi. E per me la serie del 2024 si trova proprio lì: Disclaimer*. Diretta da Alfonso Cuarón, Disclaimer* è il racconto di una vendetta, di famiglie distrutte, di segreti mai narrati, con un cast veramente ottimo (oltre a una bravissima Cate Blanchett e a un sorprendente Sacha Baron Cohen, si rivede finalmente Kevin Kline in una parte molto al di fuori della sua confort zone) e una produzione di altissimo livello. Un "disclaimer" però ci vuole: se lo guardate in salotto con altre persone, sappiate che in un paio di puntate ci sono scene di sesso veramente al limite della pornografia.

Francesco Alinovi

Devo ammettere che le serie basate sui videogiochi non mi hanno mai appassionato, quindi la serie TV di Fallout è stata una piacevole sorpresa. Belli i personaggi, il ritmo e la costruzione del mondo narrativo in generale. Un'esperienza di intrattenimento che riesce ad essere fresca e godibile anche senza essere grandi fan del materiale di partenza. Data la premessa inziale, non so quanto sia un bene o un male. E poi, di base, è una prima stagione.

Francesco Tanzillo

L’amica geniale costituisce un unicum nel panorama delle serie TV italiane, ma ciò motiva il suo successo solo in parte. La forza della serie sta nel portare allo spettatore un’opera che difficilmente avrebbe intercettato un vasto pubblico che altrimenti, considerando quanto in calo siano le statistiche dei lettori in Italia, non avrebbe mai raggiunto, e lo fa con un prodotto oggettivamente pop ma non scontato, ricercato ma non patinato, che veramente fatica a trovare epigoni.

Arrivata al termine con la quarta stagione, L’amica geniale passa la sua prova della maturità imbastendo una storia che non si sottomette alle logiche narrative di chiusura e linearità, accettando invece l’ineluttabile mancanza di risposte che contraddistingue i fatti della vita. Non c'è uno spiegone, non ci sono momenti in cui “tutte le tessere del mosaico vanno al loro posto”, semplicemente la storia scorre imitando la vita, caoticamente, senza indulgere o commiserare i propri personaggi, lasciando alle inclinazioni dello spettatore il compito di distribuire giudizi morali.

Ne esce quindi un’ottima conclusione, coerente con gli intenti che la serie si prefigurava, di adattare brillantemente una serie di romanzi che fotografano un mondo frattale, di cui una parte è specchio del tutto. Potrebbe non suscitare belle sensazioni, potrebbe anche respingere in alcuni momenti, eppure in questo anno dove mi sono sentito di aver definitivamente perso il polso delle uscite perché stare dietro a tutto è diventato impossibile, seguire L’amica geniale è stato tornare a guardare di qualcosa di cui discutere, unendo ciò che la frammentazione dei gusti e dei servizi di streaming ha diviso.

Stefano Calzati

Il talento di Mr. Ripley non mi ha mai fatto impazzire, nonostante il cast clamoroso e la meravigliosa fotografia. Il Ripley di Steven Zaillian (sceneggiatore premio oscar per Schindler’s List e dal curriculum invidiabile, con roba come Gangs of New York, Millennium e The Irishman) è, invece, un capolavoro fuori scala del thriller televisivo. Intensità, tensione, eleganza registica e una fotografia che, coi contrasti del bianco e nero, fa impallidire quella già ottima del film di venticinque anni fa, tirando fuori dei perfetti frame dell’Italia anni Sessanta, fra Atrani, Roma, Venezia, Sanremo e Palermo. Ma è il lavoro sul cast ad essere il fiore all’occhiello della produzione, coi protagonisti che interpretano perfettamente la loro condizione di americani in Italia, recitando quando serve in un italiano assolutamente naturale e credibile, e soprattutto capaci di dare una profondità psicologica ai loro personaggi davvero degna di nota. Il Ripley di Andrew Scott è inquietante, subdolo, manipolatore e narcisista, ambiguo in ogni scena che lo ritrae, spietato, capace di tutto eppure elegante nei modi, calmo; un killer perfettamente mimetizzato nel mondo in cui vive, una persona totalmente priva di empatia che imita i comportamenti che ritiene più adatti alla propria sopravvivenza. Agghiacciante.

Angelo Di Franco

Nonostante non sia mai stato fan del gruppo in questione, Hanno ucciso l'Uomo-Ragno - La leggendaria storia degli 883, mi ha divertito e commosso come nessun’altra serie ha fatto durante l’anno appena concluso. La serie di Sydney Sibilia, al di là di raccontare la genesi del duo pavese, racconta soprattutto i primi anni Novanta, e se quegli anni li hai vissuti, a maggior ragione nella provincia del Nord Italia, non puoi sentire un forte senso di nostalgia. Gli anni dei motorini, delle audio cassette, delle sale giochi, della scuola che sembra un impegno più grande di te, dei sogni e degli amori che sembrano impossibili, e di quella provincia da cui vorresti scappare ma non puoi, che magari finisce per mancarti perché è comunque un pezzo di te. Insomma, più che raccontare la storia degli 883, la serie racconta una generazione e un’epoca che ormai è solo un dolce ricordo, e lo fa in maniera efficace, forse un filo troppo romanzata ma sempre senza mai eccedere.

Marco Esposto

Credo di voler scegliere The Penguin. Perché comunque io sono uno fissato coi supereroi. Che vede ogni singola cosa che Marvel e DC tirano fuori, quindi anche tutte le serie TV Marvel. Ed è vero che ho adorato Agatha All Along, ma per una volta che è DC a fare una roba che non fa vomitare tutti mi sento di volerla incoraggiare. Farrell strepitoso, Golden Globe portato a casa con merito. Questo universo di Reeves iniziato con The Batman e continuato con The Penguin è quello che vorrei fosse l'Uomo Pipistrello. Ora tocca aspettare il 2027, se James Gunn me lo tocca ancora, guarda... una bella serie, derivativa da un po' di cose, ma ci sta dai, i prodotti ultra-pop devono rubare dappertutto e magari poi ci si guarda intorno proprio partendo da The Penguin.

Alessandro De Luca

Se la giocano due serie TV che, per motivi diversi, mi hanno commosso: One Day e la seconda stagione di Pachinko. Sono entrambe ottime, ma il cuore (a pezzi e grondante di lacrime) mi fa scegliere One Day. Adattata dal romanzo Un giorno di David Nicholls, che ammetto non conoscevo, è una miniserie di 14 episodi prodotta da Netflix ed è uno splendido e commovente viaggio con Emma e Dexter, i due giovani protagonisti, raccontato facendoci rivivere quattordici 15 luglio della loro vita, a partire dal 1998. Emma e Dexter crescono, maturano e cambiano nel corso degli anni e così fa il loro rapporto, combattuti tra l’attrazione che provano l’uno per l’altra e la difficoltà di trovare un momento in cui entrambi siano pronti a mettersi insieme per davvero. Le storie romantiche classiche di solito non mi piacciono, ma One Day è riuscita a farmi appassionare alle vicende dei due protagonisti e, come non succedeva da tempo, mi sono sentito un po’ parte della loro vita e mi è dispiaciuto quando è finita (anche se mi ha davvero spezzato il cuore, mannaggia a loro).

Natale Ciappina

Col suo marcio pomodorometro al 40%Tires è stata la mia serie TV dell'anno. È la sitcom di Shane Gillis, comico statunitense il cui nome ha iniziato a essere conosciuto fuori dal circuito della stand-up quando, nel 2019, il Saturday Night Live l'ha prima assunto e poi licenziato – solita storia, avevano scoperto vecchi sketch in cui sfotteva alcune minoranze, e addio contratto con NBC. Una faccenda aneddotica da Wikipedia, che però rende la cifra di cos'è Tires: una sitcom ambientata in un'officina, con protagonisti quasi solo maschili, quindi piena di battute su femmine, cazzi, ciccioni, ebrei e via dicendo. Lo chiamano bro-humor, umorismo da maschioni; in ogni caso, Tires comincia a ingranare dopo uno-due episodi, quando la scrittura trova un equilibrio azzardato fra sketch sui pompini e fratellanza. Sta su Netflix, che ha confermato una seconda stagione.

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