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L'abbuffata soddisfacente di Sushi Striker: The Way of Sushido

L'abbuffata soddisfacente di Sushi Striker: The Way of Sushido

Appena provato il sushi per la prima volta, era più o meno il secondo anno di università, me ne sono innamorato. L’iniziale diffidenza verso il pesce crudo si è trasformato in adorazione totale, tanto da “consigliare” mio padre a concedermi il pranzo di festeggiamento della suddetta laurea proprio in uno dei migliori locali di sushi di Napoli. Tanto pagava lui, oh.

Stessa infatuazione che Musashi, giovane ragazzo vittima di una guerra in cui si ritroverà presto coinvolto, prova al primo assaggio di sushi, risvegliando in lui la voglia - che poi si scoprirà innata - di lasciarsi alle spalle il suo presente di stenti per andare alla sconfitta del malvagio Impero, che ha reso il sushi un cibo raro e persino vietato per la plebe.

È possibile equipaggiare fino a tre spiritelli-guardiani durante gli scontri.

Inutile, come avrete intuito, cercare in Sushi Striker: The Way of Sushido di Nintendo una storia seria, impegnata e matura. Anzi, proprio il nonsense di fondo, fatto di battaglie tra persone che si ingozzano di sushi per poi lanciare i piatti ormai vuoti in faccia agli avversari, è uno dei punti di forza di questo strambo puzzle game di Mamma N, disponibile sia su Switch che su 3DS.

Le meccaniche alla base di Sushi Striker sono tanto semplici quanto ricche di sfaccettature. Come accennato prima, su un intricato sistema di nastri trasportatori, piatti ricchi di prelibato sushi si muovono in una sorta di infinita serpentina. Al giocatore il compito di mangiare quanto più sushi possibile, collegando tra loro piatti contigui dello stesso colore per poi gettare le pile di stoviglie ormai ripulite dritte contro l’avversario. Come nel più classico dei Puyo Puyo, infatti, si fronteggia sempre un avversario da abbattere prima che sia lui a stenderci con i suoi attacchi.

La storia è la fiera dell'assurdo. E va bene così.

Ovviamente, c’è una marea di piccole e grandi variabili in grado di rendere sempre tesi e freschi gli scontri. Anzitutto i Sushi Sprite, spiritelli guardiani in grado di sprigionare abilità utilissime in battaglia, da far crescere a suon di punti esperienza e da collezionare tutti a mo’ di Pokémon. Poi i diversi Sushi Gear, in grado di governare il movimento dei nastri trasportatori prima citati. E poi oggetti in grado di dare bonus passivi, combinazioni dei poteri di cui su, la possibilità di concatenare pile di piatti dello stesso colore per infliggere più danni e lo status di Sushi Jubilee, in cui non solo i danni sono moltiplicati ma è possibile accedere a pezzi di sushi più pregiati e, di conseguenza, più potenti.

E ho citato solo le variabili più immediate, senza analizzare alcune piccole cose che il gioco mostra dopo diverse ore e che rendono l’esperienza ancora più personalizzabile. Insomma, proprio come il piatto della tradizione nipponica a cui fa riferimento, Sushi Striker nasconde sotto la sua apparente semplicità un inaspettato spessore. Tanto che verso metà della corposa campagna in single player, è necessario pianificare con attenzione le combinazioni di Sushi Sprite e sbagliare pochissimi colpi, per avere la meglio su avversari sempre più coriacei e potenti.

Certo, è pur sempre possibile aiutarsi grindando punti esperienza per accrescere la forza di Musashi e dei suoi accompagnatori, ma il processo è oltremodo lungo e, onestamente, superfluo. Basta infatti, dopo una sconfitta, analizzare la partita appena persa e sperimentare magari una nuova formazione per avere la meglio, anche se magari per un pelo. Nelle mie diverse ore di gioco, non mi è mai successo di essere pesantemente sottolivellato e, a meno di non gettarsi subito nelle sfide “extra-storia” pensate per i giocatori più avanzati, è possibile proseguire negli stage base senza alcuna necessità di grindare. Il gioco è infatti generoso sia con i punti esperienza che con alcuni oggetti in grado di dare un piccolo boost a chi è particolarmente in difficoltà.

Gli avversari sono ovviamente super scemi, come è giusto che siano.

Insomma, le leggere meccaniche da GdR non appesantiscono per nulla la struttura. Ciò vale ancor di più nelle modalità multiplayer, sia in locale che online, dove Musashi e i suoi spiriti combattenti vengono “autolivellati”, in modo da permettere uno scontro pari e basato puramente su bravura, riflessi e set-up della propria squadra.

Insomma, non sarà forse il puzzle game della vita, ma Sushi Striker mi ha davvero piacevolmente colpito. Non solo è un ottimo gioco "da metropolitana”, ma si accompagna alla grande anche in lunghe sessioni e, non lo nego, è stato in grado di allontanarmi anche da titoli ben più blasonati, pur di passare alcune ore notturne a lanciare piatti e ingurgitare sushi.

Una portata sostanziosa, insomma, che è andata sinceramente ben oltre le mie aspettative. Kudos a Nintendo.

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Ho giocato per molte ore a Sushi Striker su Switch, quasi esclusivamente in modalità portatile, aiutandomi con i comandi touch, forse meno precisi dei controlli tradizionali, ma decisamente più immediati. Questione di abitudine, comunque. Credo proprio continuerò a giocarci a lungo tra sfide extra e multiplayer. Molto buono! Sushi Striker: The Way of Sushido è disponibile anche su 3DS.

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