In sviluppo per il solo formato PS3/PSN da ormai quasi tre anni, e con una data di uscita che il sito ufficiale giura non essere ancora stata decisa ma Wikipedia piazza a giugno, Dyad è uno sparatutto, ma anche un po' gioco di corse, dallo svolgimento lineare all'interno di un tunnel, in cui si controlla una seppia laser che spara a tante piccole meduse. O, perlomeno, così lo descrive il suo bizzarro autore Shawn McGrath. E quando dico "bizzarro", mi riferisco per esempio al fatto che ha chiamato il suo team ][ Games e lo pronuncia proprio "Right Square Bracket Left Square Bracket Games". Detto che, se padroneggiate l'inglese, vi consiglio di guardarvi questa non recentissima intervista rilasciata a Destructoid, parliamo qui del gioco, che ho provato alla GDC di marzo su incitamento del nostro babalot e di cui scrivo solo oggi perché il destino beffardo ha così voluto. http://youtu.be/44itXFp-6us
Dunque, per giocare a Dyad ci si siede sul divano, si afferra il pad, si impiegano un paio di minuti per capire come funzioni la faccenda e poi, una volta avviato il trip, non si capisce più nulla per [tempo variabile], fino a quando si viene colti da crisi epilettica e il pad cade a terra ricoperto di bava. La meccanica base vede al controllo di, come detto, una seppia laser, che avanza lungo un percorso acchiappando i globi luminosi (anzi, scusate: le meduse) che le si trovano davanti grazie ai propri tentacoli. I tentacoli fanno in un certo senso da cappio, tramite il quale agganciare i bersagli e sfruttare una sorta di effetto fionda per aumentare la propria velocità scagliandosi in avanti, raccogliere bonus e schizzare sempre più velocemente lungo il percorso. Col procedere di livello in livello, le meccaniche si arricchiscono di nuovi elementi e diverse componenti. Cambiano, per esempio, i tipi di, ehm, meduse, e per ottenere il massimo risultato bisogna agganciarne tre in fila dello stesso colore in modo da realizzare una combo. Appaiono dei nemici in grado di danneggiare la nostra seppiolina e ci sono modi per acquistare un boost in grado di abbatterli. E via così, in un tripudio di meccaniche sempre nuove da imparare affrontando un livello via l'altro, fino ad acquisire completa padronanza del sistema.
Il sistema in questione, poi, non è neanche strettamente quello di un gioco di corse. In Dyad non è che sia sempre importante sfrecciare velocissimi per raggiungere un traguardo. Certo, è bellissimo farlo, e ci vuole un attimo a perdersi nel tripudio visivo e sensoriale generato da una serie di "prese" ben piazzate in combo e relative iniezioni di turbo, ma i vari livelli propongono una serie di obiettivi a cui dedicarsi e chiedono quindi di affrontare il gioco in maniere sempre e costantemente diverse. Il risultato? È tutto da vedere dando più tempo a Dyad e facendolo in un contesto più raccolto rispetto al divanetto dello stand Sony alla GDC (purtroppo non facevo parte del gruppo di giornalisti di spessore invitati da McGrath a provare il gioco nella sua camera d'albergo... a luci spente... uhm... forse preferisco non esserci andato). Di sicuro, per quella mezz'ora in cui ci ho messo mano, sono stato spazzato via dal suo impatto immediato, e con me il nostro Fotone, che mi sedeva al fianco sul divanetto ed era prossimo al sangue dagli occhi tanto quanto me. L'impressione, però, è che si tratti del classico gioco in grado di nascondere strati di complessità e garantire parecchie soddisfazioni a chi voglia impegnarsi a padroneggiare le sue meccaniche. Esce fra un mese, o forse no, io lo aspetto, voi no?