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Stay, allegria portami via

Stay, allegria portami via

Chiariamoci. Ogni santo giorno ho a che fare con persone più o meno piacevoli, alcune simpatiche, alter irritanti, e quando mi metto a giocare, solitamente, lo faccio per svagarmi o per vivere avventure oltre il reale. Quando ho riavviato Stay dopo un giorno e mezzo che non lo calcolavo, mi sono ritrovato Quinn, il protagonista del gioco, che mi mandava a quel paese per averlo trascurato per troppo tempo, facendo scattare in questo modo il game over.

“Che ho fatto?” mi sono chiesto. Il mio peccato era non aver capito bene il concetto che sta alla base del gioco di Appnormals Team ovvero che conta sia il tempo in cui stiamo davanti alla TV, sia il tempo che passiamo lontano dal gioco. Ma andiamo con ordine.

Stay racconta la storia di un uomo, Quinn, appunto, che una notte, alle 4:44 del mattino, viene misteriosamente rapito da una figura che lui non ricorda, una sagoma scura. Si risveglia in una stanza, completamente buia, solo. L’unico oggetto che può vedere è un computer su una scrivania. Tramite questo computer, Quinn può chattare con una sola persona, ovvero il giocatore, noi. Il gioco fa parte di quel trend, da me abbastanza apprezzato e molto in voga su smartphone, di avventure nelle quali interagiamo con qualcuno al di là dello schermo, tramite riposte predefinite ma che possono indirizzare la trama su binari diversi e comunque danno l’impressione al giocatore di star veramente chattando con qualcuno in pericolo o in una situazione anomala.

In Stay, però, c’è un aspetto in più, ed è quello che non avevo colto all'inizio: la prigionia di Quinn in quella stanza non accade solo quando noi siamo collegati con lui, va avanti anche quando non ci siamo. Infatti, a schermo ci sono due contatori del tempo: uno che ci mostra quante ore abbiamo parlato con lui e gli abbiamo dato retta, e uno, inquietantemente rosso, che ci mostra quanto tempo abbiamo passato a farci i fattacci nostri, lasciando il pover'uomo da solo in un posto buio, umido a guardare uno schermo che non si anima perché noi siamo nella nostra vita reale.

Questo aspetto, che raccontato così può sembrare un simpatico diversivo, è invece fondamentale, dato che se rimaniamo a chattare con Quinn per molto tempo, il nostro legame sarà più forte, mentre se ce ne sbattiamo allegramente e ci colleghiamo solo una volta ogni tanto, il prigioniero sarà più ostile, taciturno, fino ad arrivare all'estremo di non voler più avere a che fare con noi, distruggendo il suo computer.

La qualità del nostro rapporto con Quinn è esplicitata da una serie di indicatori riguardanti la fiducia, la simpatia, l’ansia e il legame tra i due interlocutori, che si modifica ad ogni bivio narrativo. Siamo noi, con le nostre risposte, a far sì che Quinn decida di compiere certe azioni: lo possiamo convincere a rischiare di aprire una porta fino a quel momento nascosta o possiamo rassicurarlo dicendogli che presto sarà finita. Tutto questo è possibile appunto tramite risposte predefinite, che però sono scritte talmente bene da simulare ottimamente una chat reale.  Gli sviluppatori, per rendere Quinn più convincente, hanno anche inserito degli errori di battitura, che il ragazzo imprigionato corregge come chiunque correggerebbe un refuso in una chat.

A livello visivo, poi, Stay è un ottimo esempio di pixel art, anche se per la maggior parte del tempo abbiamo di fronte la schermata con le varie frasi scritte dai due protagonisti e il volto di Quinn inquadrato da una webcam che lui ignora esistere. È curioso vederlo alzarsi dalla sedia e scomparire dalla vista della telecamera quando gli chiediamo di verificare una cosa nella stanza o quando si arrabbia ma tenta di essere pacato in quello che scrive. Anche l’accompagnamento sonoro è azzeccatissimo, con una musica tranquilla ma mai rilassata, sempre con un velo di angoscia che fa capire al giocatore che qui non si scherza affatto.  

Tutti i comandi sono perfettamente integrati con il pad di PlayStation 4: per esempio, una volta scelta la frase da scrivere, premendo X, questa viene digitata automaticamente nel campo testo da riempire e con il tasto cerchio è come se premessimo Enter sulla tastiera del computer. Ecco, probabilmente, un titolo del genere, giocato su una console, perde un po’ di quel feeling che per forza di cose si avrebbe provandolo su un PC, dove avere una tastiera davanti (anche se quasi del tutto inutilizzata) e usare il mouse simulerebbe in maniera molto più veritiera l'utilizzo di una chat via internet. Ma le cose funzionano comunque bene grazie al buon design dell'interfaccia e alla forza della narrazione. 

A tal proposito, evito di raccontare chi sia Quinn e perché sia in quella stanza, dato che il bello di Stay sta proprio nello scoprire pian piano cosa sia successo e quali segreti quest’uomo si porti dietro. Basti sapere, però, che i temi affrontati sono interessanti, maturi e intelligenti, sconfinando anche nella psicologia e coinvolgendo argomenti come la depressione e l’’ansia.

Ma quindi è tutto bellissimo? Stay è un capolavoro? No. Per un semplice motivo: i puzzle. Infatti, andando avanti nell'avventura, Quinn di ritrova davanti a numerose prove da superare, tutti puzzle da settimana enigmistica che, se all'inizio sono un piacevole diversivo, con l’andare del tempo diventano sempre più ostici, bloccando anche per diverso tempo il giocatore. Il problema è che c’entrano pochissimo con la trama del gioco ed è evidente che siano stati piazzati li per allungare il brodo, spezzando in maniera artificiosa il ritmo dell’avventura. Oltretutto, quando ci ritroviamo davanti a uno di questi puzzle, non possiamo fare altro, per esempio tornare alla chat o verificare lo status di Quinn: siamo piantati lì con l’enigma davanti e l’unica opzione che abbiamo è scollegarci, lasciando Quinn da solo e facendo partire il counter “dell’abbandono”.

Dato che la trama e la storia meritano eccome, è un peccato rimanere bloccati per sezioni così mal realizzate e posticce, quindi mi sono fatto un esame di coscienza e ho deciso di andare a cercare aiuti in rete. Sì, lo so che non si deve fare, ma in questo modo mi sono goduto appieno il resto del gioco, comunque cercando di superare i puzzle prima con il mio (poco) ingegno e solo in un secondo momento grazie a qualche walkthrough. Questo approccio può “rompere” il gioco, è vero, ma è anche vero che in questo modo, facendolo con coscienza, si evitano passaggi che con l’avventura principale non hanno proprio nulla da condividere.

Detto questo, pur con i suoi difetti, Stay è un gioco valido, angosciante, intrigante e con un aspetto, quello del timer che conta il tempo di assenza dalla connessione, che fa pensare a Quinn anche quando siamo nel mondo reale a fare tutt'altro. Su PlayStation 4, ovviamente, il gioco non ha alcun problema ma, come detto prima, goderselo su PC ha sicuramente più senso.

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Ho giocato a Stay su PlayStation 4 grazie a un codice per il download fornitoci gentilmente dagli sviluppatori. Ho visto solo uno dei finali disponibili, dopo che Quinn mi ha mandato a stendere un paio di volte per mio manifesto disinteresse. Stay è disponibile in diverse lingue ma purtroppo non in italiano. Questo, per i non aglofoni (o non tedeschi, francesi, cinesi, russi, giapponesi etc... ), è sicuramente un problema, perché tutto il gioco si basa sul leggere del testo, tanto, ed è ovvio che è necessaria una conoscenza non banale della lingua. Il gioco è disponibile solo tramite download su PC e su Xbox One dallo scorso maggio, mentre arriverà domani su PlayStation 4 e giovedì su Switch.

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