Outcazzari

Lo sciacallo è il perfetto manifesto della TV del dolore

Lo sciacallo è il perfetto manifesto della TV del dolore

Cercando sul web la definizione di TV del dolore, il risultato più efficace che ho trovato è stato il seguente: “La raffigurazione strumentale del dolore è l’esibizione della sofferenza individuale o collettiva al fine di coinvolgere emotivamente il pubblico, senza alcun qualsivoglia contenuto informativo o giornalistico”.

Quante volte, facendo zapping in TV (soprattutto nel pomeriggio), ci è capitato di imbatterci in quei famosi programmi contenitore nei quali non si fa altro che esporre fatti di cronaca spettacolarizzati all’eccesso, raccontati in maniera drammatica e conditi da tanto inutili quanto beceri commenti degli opinionisti di turno?

Tutto ciò viene raccontato perfettamente nel film Lo sciacallo – The Nightcrawler, del 2014. Lou Bloom, protagonista della pellicola, è un disoccupato che si guadagna da vivere rubando e rivendendo materiale metallico. Una sera assiste casualmente a un incidente stradale e vede alcuni reporter freelance che si precipitano sul luogo per riprendere l’accaduto e rivendere i servizi ai network televisivi.

Lou percepisce il potenziale di tale professione e si getta anche lui in questo mondo, acquistando una radio che capta le frequenze della polizia per poter accorrere sui luoghi di incidenti e delitti in modo da confezionare efficaci servizi da rivendere dietro un lauto compenso. Ben presto il nostro intraprendente reporter si fa sedurre dal guadagno facile e dalla possibilità di una rapida crescita della sua attività, arrivando a sacrificare vite umane e a nascondere alla polizia l’identità di una banda di assassini, per poter continuare a seguirli e filmare i loro crimini.

Il personaggio di Lou rappresenta sia una visione distorta del famoso “American Dream”, in cui un uomo che lavora sodo ed è pieno di buona volontà può arrivare in cima, costruendo il suo futuro spesso a discapito delle disgrazie altrui, sia un ritratto della società contemporanea, cinica, spietata, fredda, priva di empatia e umanità.

Come accennavo all’inizio, il film è un efficace esempio dell’odierna televisione generalista, in cui si va sempre più alla ricerca del fatto drammatico da raccontare, dove l’empatia e l’interesse nei confronti di chi è vittima di quei fatti è puramente finta ed illusoria, dove l’elemento fondamentale non è quello che è successo, ma raccontare quello che è successo.

D’altronde, nel film, il mantra del personaggio della produttrice televisiva del network alla quale Lou vende i servizi è "Pensa al nostro programma come a una donna urlante che corre per strada con la gola tagliata".

Ecco, ci siamo capiti.

Questo articolo fa parte della Cover Story dedicata al giornalismo, che potete trovare riassunta a questo indirizzo.

Skyrim, cheppalle? | Racconti dall'ospizio

Skyrim, cheppalle? | Racconti dall'ospizio

Giornalisti... ma niente di serio!

Giornalisti... ma niente di serio!